Raggi dai pm: regole rispettate
La sindaca: il primo guadagnava di più con Marino I dubbi dei magistrati. Il rischio del rinvio a giudizio
Il sindaco di Roma Virginia Raggi si è recato in Procura per rilasciare dichiarazioni ai pm che indagano sulle nomine in Campidoglio: quelle di Renato Marra e di Salvatore Romeo. La deposizione è durata quattro ore. «È stato un colloquio molto cordiale, sono fiduciosa», ha detto il sindaco alla fine della deposizione.
Quattro ore a colloquio con il pubblico ministero Francesco dall’Olio. Poi, all’uscita, sorridente, pantaloni e camicetta nera, la sindaca Virginia Raggi si dichiara «fiduciosa» per aver «chiarito tutto».
E in particolare, secondo le parole del suo difensore, Alessandro Mancori, tre punti. Primo: che la controversa nomina di Salvatore Romeo a suo capo segreteria è stata fatta seguendo la legge e più precisamente il testo unico degli enti locali (Tuel) come, del resto, certificato dall’esperto in diritto amministrativo Federico Tedeschini, ingaggiato proprio dal suo difensore per un parere pro veritate.
Secondo: che sia nell’incarico assegnato che nello stipendio corrisposto al suo ex braccio destro, il sindaco avrebbe seguito le regole, visto che, ad esempio, gli oltre 100mila euro annuali assegnati a Romeo erano parametrati sul suo antecedente stipendio («Con la precedente amministrazione Romeo guadagnava 140mila euro l’anno» precisa Mancori all’uscita da piazzale Clodio). Terzo: che la presunta corsia preferenziale assegnata al suo fiduciario in realtà non era affatto tale. E che l’aver selezionato una persona dall’interno della pubblica amministrazione è una prassi, una sorta di consuetudine seguita da sindaci e giunte differenti in perfetta continuità amministrativa fra loro.
La scelta Sulla nomina del fratello del capo del personale «scarica» sull’assessore Meloni
A fronte di queste ragioni non è affatto scontato che gli argomenti abbiano convinto gli investigatori a evitare il rinvio a giudizio che al momento appare più che probabile. Al contrario la durata delle dichiarazioni — dalle 17,30 ora d’inizio la Raggi è uscita alle 21,15 — lascia immaginare che la prima cittadina sia stata interrotta più di una volta con dubbi, interrogativi e richieste di fornire chiarimenti supplementari.
Non bastasse, a complicare il quadro, c’è anche la faccenda delle famose polizze. Un’assicurazione da 30 mila euro stipulata da Romeo a gennaio del 2016. Polizza nella quale la Raggi viene indicata come beneficiaria. Che significato avevano queste assicurazioni e perché Romeo scelse di destinarne una proprio al futuro sindaco? È possibile che anche su questo Virginia Raggi abbia dovuto fornire nuovi chiarimenti.
Secondo gli investigatori avrebbe procurato «un ingiusto vantaggio patrimoniale» al suo ex braccio destro Salvatore Romeo promuovendolo a suo capo segreteria dal dipartimento alle partecipate e dunque instaurando «un secondo rapporto di servizio con la medesima amministrazione». Vicenda per la quale è indagato lo stesso Romeo che, nei mesi scorsi, dopo essere stato ascoltato dai pm, ha fatto un passo indietro.
C’è poi il capitolo che riguarda Raffele Marra e il reato di «falso», commesso, secondo i magistrati Dall’Olio e Paolo Ielo, sostenendo di aver deciso tutto lei in prima persona con la responsabile dell’Anticorruzione capitolina Mariarosa Turchi. Ora, nella nota difensiva appena presentata la Raggi ha sostenuto una versione più sfumata: la sua responsabilità, ha detto fu esclusivamente politica. Avrebbe cioè semplicemente firmato l’ordinanza che ratificava l’esito di una scelta fatta dall’assessore al Turismo Adriano Meloni in prima persona. Fu quest’ultimo a dare il via a un interpello fra dirigenti papabili per i vari posti disponibili e, infine, a selezionare Renato Marra per la sua esperienza.