Super Aru sui Pirenei L’italiano maglia gialla
Gli ultimi 300 metri sono fatali a Froome: l’italiano si piazza terzo dietro Bardet e Uran, prende 20” al britannico ed è leader per 6’’
A 330 metri dal primo traguardo verticale dei Pirenei, quando vede la sagoma tricolore schizzargli via a sinistra, la maglia gialla entra in modalità «Super Froome». Mento quasi appoggiato sul manubrio, bocca spalancata, squilli di trombe ad annunciare il celebre «frullino» che annichilisce ogni avversario. Il ritmo sale: ottanta, novanta, cento colpi di pedale al minuto. Ma invece di proiettarsi in avanti, la bici di Froome resta incollata all’asfalto. Il re del Tour pedala a vuoto. Un fastidioso sassolino ha inceppato gli ingranaggi del suo motore strappandogli un primato che l’inglese non aveva mai perso in un confronto diretto.
Il sassolino (59 chili per 1 metro e 82) è Fabio Aru. Tre anni dopo Vincenzo Nibali, un italiano è in maglia gialla al Tour de France dopo 12 tappe. «In cuor mio avevo pensato di poterla prendere — spiega Aru — anche se non l’avrei mai detto ad alta voce. Dentro ho una carica così forte che non riesco a darmi dei limiti. Sul traguardo ero arrabbiato per non aver vinto la tappa: Bardet è stato bravo a trovare il tempo per superarmi. Poi ho guardato lo schermo gigante e ho visto Chris sfuocato. Ho capito di avercela fatta».
Per la prima volta in quattro anni Chris Froome perde colpi. Contro Nibali aveva ceduto per k.o. tecnico, qui è finito al tappeto. Ventidue secondi da Bardet e venti da Aru incassati in appena 300 metri dopo aver sfinito la sua Sky a tirare alla morte per 210 chilometri. Innervosito da tutto, da Henao che sbaglia una curva sull’ultima discesa e lo fa finire (con Aru) su un prato, dal sardo che per tutta la corsa lo francobolla standogli mezza ruota dietro per proiettare sempre la sua ombra su di lui. Come dire: sono qui, di me non ti liberi. Sky schiera gli otto uomini più forti di sempre ma è capace di una sola tattica: sfinirli tutti nel medesimo rigoroso ordine (primo Knees, ultimo Landa, che ieri ha pure superato il capitano nel finale) per poi lanciare un Froome spento. L’inglese, non contento di controllare la corsa, ieri ha chiamato l’ammiraglia con la radiolina una decina di volte negli ultimi trenta chilometri. Cosa lo tormenta? Eppure la corsa è ancora nelle sue mani.
Aru guida una classifica cortissima: Froome a 6”, Bardet a 25”, Uran a 55”. Il colombiano con 20” di penalizzazione per una borraccia galeotta: Bardet ha fatto la stessa cosa ma la giuria era distratta. Ieri, dopo Contador, è affondato anche un bollitissimo Quintana che ora galleggia a 4’. Ora tocca al sardo difendersi da una muta di inseguitori inferociti, chi per lesa maestà (Froome), chi spinto da una nazione intera, come Bardet. Sulla nuova maglia gialla c’è diffuso scetticismo, quasi ironia: bravo, bravissimo ma come farà l’omino sardo a difendersi da Sky e dalla pasticciona ma solida AG2R senza Cataldo e con un Fuglsang con due fratture, ieri arrivato stremato a mezz’ora? Come può controllare la corsa col misconosciuto Kozathayev, l’unico che non si stacca subito in salita? Aru: «Io questa vittoria la voglio dedicare proprio ai miei compagni. Stanno battendosi come leoni. Nessuno può sottovalutarci. Abbiamo tutti contro? Lo so, ma non mi preoccupo. Affronto i problemi uno alla volta e dopo il traguardo chiudo la testa a ogni pensiero esterno. La riapro solo la mattina dopo nel bus, quando decidiamo la tattica di giornata. Così sono sereno».