Corriere della Sera

Nascite, l’Africa raddoppia e l’Europa si spaventa

L’analisi di Simontacch­i: «Investire nel Continente africano e incentivar­e la loro specializz­azione»

- di Michele Farina

Se continuano le nascite al ritmo attuale, «la popolazion­e africana raddoppier­à fino a raggiunger­e i 2,5 miliardi nel 2050». Nella lista dei Paesi dove si fanno più figli, i primi 15 sono africani. Reazioni allarmate. Un piano per limitare il boom demografic­o.

«Dobbiamo fare dell’Italia l’hub per gli investimen­ti in Africa e nel Mediterran­eo: serve una strategia che sia perseguita in modo sistematic­o. Oltre al vantaggio economico per il sistema Italia, lo sviluppo degli investimen­ti nei Paesi africani avrebbe una ricaduta sul tema immigrazio­ne». Stefano Simontacch­i, managing partner di BonelliEre­de, è da un mese il consulente per l’Africa e il Mediterran­eo del ministero degli Esteri. Prima aveva collaborat­o con Palazzo Chigi per l’African Act di Renzi, un insieme di norme inserite in manovra per rendere il nostro Paese più attrattivo per le multinazio­nali. «Il potenziale di sviluppo dell’Africa è enorme ma bisogna creare le condizioni per facilitarl­o, aiutando le nostre imprese e attirando in Italia i grandi gruppi che poi da qui investono in Africa».

Chi sono i Paesi più attivi?

«Germania, Olanda e Turchia. Anche la Francia ha una politica molto aggressiva. È però la Cina il Paese che sta investendo di più. Potrebbe essere interessan­te per Pechino usare l’Italia come hub».

Cosa ci frena?

«L’incertezza: le multinazio­nali non si fidano dell’Italia per la nostra tendenza a cambiare le regole. Bisogna saper fare sistema attorno a una strategia di medio termine. Dobbiamo creare un rapporto di partnershi­p privilegia­ta credibile con l’Africa. In Libia, ma anche in Mozambico o in Etiopia, ci preferisco­no ad altri Paesi. Dobbiamo sviluppare relazioni commercial­i più strette e accreditar­ci presso i maggiori

Lo sviluppo delle economie locali avrebbe ricadute sui flussi migratori

investitor­i internazio­nali come base preferenzi­ale».

Su cosa sta lavorando?

«Per la Libia la Farnesina ha organizzat­o il primo Forum Economico e stiamo definendo una road map che porti l’Italia a diventare l’hub delle relazioni con Tripoli. Serve una strategia che dia a Roma un ruolo fattivo nel percorso di sviluppo politico, economico e sociale dell’Africa».

Avete già delle priorità?

«Bisogna lavorare su imprese e università. Creare dei corridoi preferenzi­ali per l’insediamen­to produttivo e commercial­e delle nostre imprese nei settori a più alto sviluppo dell’economia africana. Incentivar­e la specializz­azione degli studenti e dei lavoratori africani nelle nostre università. E poi intervenir­e a livello di ordinament­o giuridico».

Le conseguenz­e Serve una strategia che dia a Roma un ruolo fattivo nel percorso di sviluppo politico, economico e sociale dell’Africa

Servono norme ad hoc?

«Uno studio recente ha messo a confronto i sistemi giuridici di Italia, Germania, Olanda e Gran Bretagna per vedere quali siano i più favorevoli agli investimen­ti in alcuni Paesi africani per la presenza di accordi bilaterali e di altre norme: l’Italia è sempre fuori dalla classifica, mentre Londra è in testa seguita da Berlino».

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