«È un’amicizia calcolata»
Il politologo Dominique Moïsi: «La nuova amicizia tra Trump e Macron sembra sia sincera che calcolata».
«La nuova amicizia ostentata da Donald Trump ed Emmanuel Macron sembra sincera e calcolata allo stesso tempo. I due presidenti sono come due pianeti opposti che finiscono per attrarsi, e ognuno ha tratto dall’incontro un surplus di legittimità». Il politologo francese Dominique Moïsi giudica un successo la visita di Trump a Parigi.
I due leader si sono mostrati molto calorosi l’uno con l’altro, dalle continue pacche sulle spalle alla cena sulla Tour Eiffel. Perché?
«Da parte francese Macron può dire “guardate, il presidente degli Stati Uniti d’America viene a Parigi prima di essere stato a Londra o a Berlino”. E da parte americana Trump può dire “vedete, questo giovane presidente molto intellettuale considera che esisto
I presidenti Sono due opposti che si attraggono. Ognuno ha tratto dall’incontro un surplus di legittimità
e che sono importante". Da un punto di vista politico la grande cordialità conviene a entrambi. E sul piano personale qualcosa forse esiste davvero tra i due uomini. Trump è attratto dal successo, e quella di Macron è indubbiamente una success story. E Macron ha voglia di mostrare che può affascinare chiunque, persino Trump. Una volta De Gaulle disse di essere stato preso da una “emozione calcolata”. In Trump e Macron c’è il calcolo ma anche l’emozione».
Il rapporto personale è al servizio di quali interessi politici? Sul clima Trump ha fatto un’apertura dicendo «vedremo quel che succede»?
«Macron ha riaffermato le sue posizioni sull’accordo di Parigi sul clima, ma ha dimostrato maggiore comprensione della posizione americana di quanto sarebbe stato lecito attendersi quando ha sottolineato che Trump manteneva così una promessa elettorale. Macron pensa forse di ottenere in questo modo più concessioni da parte degli Usa. La sensazione è che Macron abbia fatto una scommessa, vedremo se la vincerà».
I temi su cui hanno insistito sono stati la lotta al terro- rismo e il Medio Oriente.
«E anche, a sorpresa, il commercio internazionale. Qui Macron ha avuto l’abilità di evocare il leader cinese Xi Jinping mostrando a Trump che sulla questione del libero scambio è alleato della Francia più che degli Stati Uniti».
Sulla Siria, Macron ha tenuto a ribadire che la Francia cambia dottrina, non ritenendo più la caduta di Bashar El Assad la precondizione per una soluzione diplomatica. Ma in realtà questa era già la posizione dell’ultimo Hollande.
«È vero. Ma Macron ha voluto esporre la posizione france- se con una nuova voglia di chiarezza e di centralità. Si prepara una grande iniziativa della Francia in Medio Oriente? È possibile».
In effetti Macron ha parlato dell’elaborazione di una road map.
«Esattamente. Mantenendo Bashar nel gioco la Francia vuole forse aprire ad altri attori oltre la Russia, per esempio l’Iran. Anche se Trump nel citare le nuove minacce dopo quelle del secolo scorso ha messo nello stesso gruppo Corea del Nord, Iran e Siria. C’è la volontà di lavorare assieme ma senza nascondere i punti di disaccordo, dalla Siria al clima».
Macron vuole mettersi al centro del gioco diplomatico internazionale? Sta indossando i panni del mediatore, quello che parla con tutti, da Putin alla Merkel a Trump?
«La cancelliera Merkel al mattino, Trump al pomeriggio.
Simboli Ricevere Putin a Versailles e Trump a Parigi il 14 luglio è usare bene i simboli storici
Macron vorrebbe che questa fosse la nuova normalità della Francia, un ponte tra Europa e Stati Uniti. Non c’è contraddizione tra essere l’amico di Berlino e di Washington, sono due politiche complementari. L’importante è non rinunciare ai principi, come Macron ha fatto con Putin».
Con Trump Macron è stato più indulgente di quanto non lo sia stato con Putin?
«Ma è normale, la relazione tra Francia e Stati Uniti è diversa, migliore, rispetto a quella tra Francia e Russia».
Per adesso Macron gioca molto sui simboli, i passi più concreti devono ancora arrivare.
«Macron per ora fa un ottimo uso della Storia. Ricevere Putin a Versailles e Trump a Parigi il 14 luglio significa usare bene i simboli storici. Lo giudicheremo sui suoi atti concreti, naturalmente, e avrà successo in Europa e nel mondo solo se riuscirà a fare le riforme necessarie in Francia. Per questo bisogna aspettare dopo l’estate, e anche attendere le elezioni tedesche di settembre. Per adesso non può che giocare con la diplomazia dei simboli, e in questo è molto bravo».