Corriere della Sera

Il timore di venire «incastrato» Il Pd: se non c’è, loro più deboli

Nella cabina di regia voluta da Mdp l’ex sindaco tra i due ex leader

- di Maria Teresa Meli

ROMA Andrea Orlando, che lo aveva incontrato il giorno prima, non ne sapeva niente. I «suoi» men che meno, tant’è vero che, avvisati dai giornalist­i, hanno dapprima risposto che Pisapia, forse, aveva detto quelle cose due giorni fa in Versilia e solo in un secondo tempo hanno corretto il tiro. L’unico a conoscenza delle riflession­i dell’ex sindaco di Milano, probabilme­nte, era Prodi, che ha spostato la tenda dal campo del Pd e ora deve decidere se compiere lo strappo finale con Renzi.

L’uscita di Pisapia ha spiazzato tutti. Il 23 giugno, in un’intervista al Quotidiano nazionale, aveva infatti lasciato chiarament­e intendere che si sarebbe candidato. È il segnale di un certo disagio: l’ex sindaco di Milano si sta rendendo conto che potrebbe correre il concreto rischio di finire incastrato tra Bersani e D’Alema, in una sorta di cartello elettorale della sinistra «arcobaleno». Esattament­e ciò che non voleva. Per questa ragione, del resto, aveva chiesto agli scissionis­ti del Pd di sciogliere il loro partito. Ma quelli gli hanno risposto picche, anche perché intendono arrivare al tavolo delle liste (sì, per tutte le forze politiche, è sempre quello il problema) forti di un nutrito pacchetto di tessere per avere un congruo numero di candidati blindati. Per questa ragione, cioè per aumentare il numero delle iscrizioni, gli scissionis­ti del Pd hanno deciso di indire feste su feste in tutta Italia durante l’estate.

E per imbrigliar­e meglio l’ex sindaco, Articolo 1 ha deciso di mettere in piedi una «cabina di regia», che è un classico della politica italiana. La dovrebbe guidare Pisapia, con Bersani e D’Alema al suo fianco. Ossia con quegli stessi leader ai quali Pisapia vuole chiedere un passo indietro — visto che proporrà che si candidi solo chi non ha già fatto due legislatur­e — e che gli hanno già riposto di no.

Ma l’ex sindaco avrà l’effettiva leadership di «Insieme», fintanto che Articolo 1 non si scioglie? È questa la domanda che si fanno anche i suoi supporter. Peraltro la scelta di non candidarsi alle elezioni e di fare il leader da fuori potrebbe rivelarsi un rischio, dal momento che «Insieme» non è un unico partito ma la sommatoria di diverse sigle, ognuna con il «capo» di riferiment­o.

Al Nazareno seguono le mosse della sinistra con un certo interesse. La riflession­e che viene fatta è questa: «Senza Pisapia candidato quel cartello elettorale si indebolirà tantissimo». Il presidente del Pd Matteo Orfini va dicendo da tempo che alla fine, a suo avviso, le liste alla sinistra del Partito democratic­o saranno tre: «Insieme», Sinistra italiana, magari in accoppiata con il movimento di Anna Falcone e Tomaso Montanari, e Rifondazio­ne. E la reazione che ha avuto ieri Nicola Fratoianni di fronte alla notizia di una «cabina di regia» Pisapia-BersaniD’Alema parrebbe dare ragione a Orfini. «Fanno questa cosa? Auguri e in bocca al lupo», è stato il commento in Transatlan­tico del leader di Sinistra italiana. Come a dire: non è cosa che mi riguarda. D’altra parte lo stesso ex sindaco di Milano non aveva escluso l’eventualit­à di più liste.

Ma i problemi veri, come si è visto, sono tutti interni a «Insieme». Pisapia infatti non vuole rompere definitiva­mente con il Pd di Renzi, perché come Prodi, ritiene che «occorra impedire che vincano la destra e i populismi». Per Bersani e D’Alema, invece, «Insieme» deve essere anti-renziano. Al Nazareno ritengono che la linea vincente sarà quest’ultima. E lo sostengono con un certo sollievo, perché significa non discutere più del premio di coalizione.

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