«Io in studio da Matteo? Ha fallito, poi è cambiato»
Ghini, ricevuto al Nazareno: mi ha chiesto cosa penso di Franceschini, preferisco non dirlo
ROMA L’occasione era «La terrazza del Pd». Il tema era «Roma città aperta». Il protagonista dell’incontro era Massimo Ghini, e quando Matteo Renzi ha saputo che l’attore era nella sede del Nazzareno, gli ha chiesto di passare da lui in ufficio. «Sì, ma per fare due chiacchiere, una roba informale», precisa Ghini. «Non è stato un incontro al vertice sui massimi sistemi. Con Matteo ci conosciamo da molto tempo, quando era giovanissimo sindaco di Firenze».
Dunque è stato un incontro tra «vecchi amici»?
«Assolutamente sì. Nonostante io non sia stato un renziano della prima ora, anzi, avevo con lui parecchi punti discordanti. Io sono stato tra i fondatori del Pd, vengo dalla vecchia scuola, sono figlio di un partigiano, sono un soldatino, sono stato un bersaniano convinto. Mi sono riavvicinato a Renzi per quello che è successo negli ultimi tempi: non ho accettato la scissione, che ho fortemente contestato. Il partito si combatte da dentro. Ma soprattutto ho notato un forte cambiamento di Renzi».
In che senso?
«Be’, intanto non bisogna dimenticare che, avendo fallito un suo obiettivo, cioè il referendum, ha dato le dimissioni e se n’è andato. Vi pare poco? Perché si può dire tutto del Pd, ma è ancora un partito dove ci sono i congressi, le primarie, e non dei “monarchi assoluti” che distribuiscono investiture come fanno Grillo e i “pentafascistellati” come li chiamo io. Matteo ha fatto tesoro del suo fallimento».
Gliel’ha detto?
«Sì, ma gli ho parlato da uomo del popolo, perché io non sono un dirigente dem, sono uno che parla dal basso».
Lei però ha anche ricoperto cariche amministrative: tra l’altro è stato consigliere comunale a Roma con Rutelli sindaco.
«Cinque anni di amministrazione esemplare. Niente scandali, bustarelle, corruzione. Renzi mi ha chiesto se la politica mi interessa ancora».
La risposta?
Il selfie L’autoscatto al Nazareno con Massimo Ghini postato da Matteo Renzi
«Certo che sì. La politica è come una malattia. Ma siccome io ho competenze solo nel mio campo, mi sono infervorato nel discorso sulla cultura. Renzi mi ha chiesto cosa penso del ministro Franceschini».
Sono stato bersaniano ma ho rivalutato Renzi dopo la scissione Mi ha dato il suo libro con una dedica al «compagno Massimo»
Che ne pensa?
«Preferisco non dirlo».
Come vi siete salutati?
«Stringendomi la mano, mi ha chiesto quali sono le mie paure. Gli ho risposto: il populismo e il pressappochismo che invade la politica italiana. Poi mi ha regalato il suo libro, con la dedica “al compagno Massimo”».