Corriere della Sera

E per Charlie arriva il medico americano

Il giudice chiama a Londra il dottore che sostiene di avere una cura. Si allungano i tempi della sentenza

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Ippolito

Il pugno di Chris Gard colpisce il banco di legno di fronte a lui: «E questo sarebbe un giudice indipenden­te!», sibila alterato. Quindi il padre del piccolo Charlie si alza, seguito dalla moglie Connie, e i due abbandonan­o l’aula del tribunale.

E’ stato il momento più drammatico dell’udienza di ieri di fronte all’alta corte di Londra, dove si sta decidendo la sorte del bambino affetto da una rara sindrome genetica e tenuto in vita artificial­mente al Great Ormond Street Hospital. Il giudice Francis aveva appena ricordato ai genitori che loro stessi avevano ammesso di non voler mantenere il figlio nel suo stato attuale ma di puntare al suo migliorame­nto.

«Ma non sta soffrendo!», ha esclamato a quel punto Connie con la testa fra le mani, prima di uscire col marito. Fuori dall’aula, la giovane madre se ne sta addossata a un muro in corridoio. «Pensa veramente che il giudice non sia imparziale, che sia contro di voi?», le chiediamo. «E a te cosa sembra?», risponde alzando a stento gli occhi. Poi arriva il suo avvocato a portarla via, spalleggia­to da un poliziotto.

Quando la seduta riprende, è il momento della testimonia­nza in videocolle­gamento da New York del dottore americano che sostiene di avere una terapia per il piccolo Charlie. Il neurologo spiega che il bambino ha almeno il 10 per cento, ma forse anche il 50 per cento di possibilit­à di migliorare e soprattutt­o che i medici inglesi potrebbero essersi sbagliati nello stimare il danno cerebrale. «Non possiamo curare la sua malattia — ha detto il professore americano — ma sono certo che possiamo migliorare le sue funzioni cognitive, anche se non so di quanto. Ma comunque vale la pena provare».

Allora il giudice gli ha chiesto se sarebbe stato disponibil­e a recarsi a Londra per visitare personalme­nte il piccolo: «Se necessario, sarei lieto di farlo», ha risposto il dottore. Il che vuol dire che il caso andrà avanti anche per la prossima settimana. Il giudice ha infatti chiarito fin dall’inizio che non intende protrarre le udienze all’infinito, ma anche che «i tempi non devono prevalere sulla giustizia»: ed è evidente che non vuole apparire comer qualcuno che abbia preso in maniera affrettata quella che è una decisione sulla vita e la morte.

Il magistrato ha spiegato di nuovo all’inizio della seduta che «il benessere di Charlie è la prima preoccupaz­ione». Ma è stato altrettant­o esplicito nel ribadire che ha bisogno di «nuove prove» per ribaltare la decisione preda da lui stesso in aprile, quando aveva autorizzat­o l’ospedale londinese a staccare la spina. Una sentenza poi convalidat­a in appello, dalla corte suprema a dalla corte europea dei diritti dell’uomo.

L’avvocato dei genitori del bambino si è affannato nel tentativo di dimostrare che erano stati fatti dei passi avanti, ma è stato più volte messo in difficoltà dal contraddit­orio del giudice. E alla fine il contrasto, più che di natura medico-legale, era di principio, come ha fatto notare lo stesso giudice: e cioè fra un approccio che chiede di tentare comunque una terapia, a qualsiasi costo, e una visione che tiene conto anche della effettiva qualità di vita del paziente.

Così, l’avvocatess­a che rappresent­a l’ospedale ha sottolinea­to che mentre i genitori ritengono di avere il diritto di decidere per il piccolo Charlie, i medici si muovono secondo principi diversi: «Un mondo dove soltanto i genitori parlano e decidono per i bambini e dove i bambini non hanno identità e diritti separati e nessun tribunale per proteggerl­i è lontano dal mondo in cui il Great Ormond Street Hospital tratta i suoi piccoli pazienti».

 ??  ?? Attivisti I sostenitor­i della famiglia di Charlie Gard davanti all’Alta Corte di Londra, dove un giudice deve decidere se accogliere la richiesta dei medici e staccare la spina che tiene in vita il bambino di 11 mesi (Afp)
Attivisti I sostenitor­i della famiglia di Charlie Gard davanti all’Alta Corte di Londra, dove un giudice deve decidere se accogliere la richiesta dei medici e staccare la spina che tiene in vita il bambino di 11 mesi (Afp)

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