L’apartheid occupazionale zoccolo duro della disuguaglianza
Ed emerge chiaramente come a precipitare fino all’ultimo gradino della scala sociale siano soprattutto i giovani e le famiglie con almeno quattro membri, a dimostrazione di una particolare carenza di policy rispetto a questi segmenti «deboli» della società. Dal 2005 a oggi la quota di giovani in condizioni di povertà assoluta è addirittura triplicata da 3,1 a 10%, se restringiamo l’analisi ai minorenni il dato è analogo se non peggiore. Nello stesso periodo, infatti, l’incidenza cresce da 3,9 a 12,5%. Una progressione che oggettivamente mette paura. Di conseguenza le famiglie guidate da un 35enne sono molto più a rischio indigenza di quelle che fanno capo a un 65enne. Forse non avevamo bisogno di questi dati per sapere che il nostro mercato del lavoro confina i giovani in una condizione di apartheid, incassiamo però l’ennesima e dolorosa conferma. Stiamo parlando dello zoccolo duro della disuguaglianza italiana — altro che indice di Gini — e in qualche modo dovremmo farci i conti. Senza voler tornare a rinfocolare le polemiche politiche sul Jobs act è evidente che per quel provvedimento si stanno avvicinando gli esami di riparazione e si parla, da parte del governo Gentiloni, di incentivi strutturali (riduzione del costo del lavoro) riservati ai giovani. Meglio comunque una strigliata al Jobs act che percorrere la strada dei sussidi permanenti per i giovani, una via che non conosce ritorno anche se ribattezzata come reddito di cittadinanza. Altro discorso, invece, va fatto sul tema dei minori: come italiani siamo generosi con le adozioni a distanza ma fatichiamo ad accettare che da noi, nella Penisola della Bellezza, vivano 1,3 milioni di bambini in povertà assoluta. Gli interventi da valutare in questo caso sono ad ampio raggio (e investono anche la cosiddetta povertà educativa) ma devono essere tempestivi sotto forma di sussidi perché agendo con efficacia si può spezzare subito la spirale della povertà ed evitare che giovani vite siano intrappolate sin dall’infanzia in una condizione di disagio strutturale. Infine un dato inatteso che viene fuori dalle tabella Istat riguarda gli operai: le loro famiglie corrono un rischio doppio di cadere in povertà assoluta rispetto alla media delle famiglie dei lavoratori dipendenti. Una rilevazione che può servire per riaprire la discussione sulla consistenza dei salari italiani e sull’auspicato scambio con significativi incrementi della produttività.
I più piccoli Un discorso a parte va fatto per i minorenni: è come se faticassimo ad accettare che 1,3 milioni di bambini siano in povertà assoluta