I TEMPI DELLA GIUSTIZIA: IL CONCORSO È ANNULLATO POCO PRIMA DELL’INIZIO
Immaginate per un attimo di essere nei loro panni. Mille e settecentosessantuno persone che sperano in un futuro: superare la prova d’esame a Roma, e diventare infermieri al Policlinico Umberto I. Certo, non è una passeggiata: quaranta posti soltanto, ma loro ci provano con tutte le loro forze, anche a costo di lasciare le città natali. Si sono svegliati al mattino, hanno preso treni, auto, pullman, qualcuno addirittura è arrivato dall’estero. Roma è pur sempre Roma. Un posto fisso è pur sempre un posto fisso, lo diceva pure Checco Zalone, no? Così nel caldo torrido di questo luglio arrivano tutti all’hotel Ergife, albergone sull’Aurelia, palcoscenico d’ogni concorso. La prova, già una volta rinviata, è fissata per le 16. Se la giocano loro, i migliori dei ventimila che avevano partecipato alla preselezione. All’una sono già davanti ai cancelli dell’albergo, in attesa di entrare. All’una e mezzo appare un cartello che dice: «Il concorso è rinviato». E quella folla col fiato sospeso in attesa di entrare nell’aula gigantesca, si trasforma d’improvviso in un insieme ondeggiante di esseri umani furibondi. Molti gridano, altri vogliono entrare, alla fine la massa dei (possibili) futuri infermieri decide di fare come mille volte s’è fatto nell’Italia dei diritti incerti: occupare la strada. Si blocca il traffico, sull’Aurelia il caos è alle stelle. Che cos’è successo? È accaduto quel che troppo spesso succede in questo nostro Paese: la magistratura ha agito, ma con modi e tempi discutibili. Su quei 40 posti da tempo gravava infatti un ricorso al Consiglio di Stato, dopo che il Tar aveva in primo grado dato ragione all’ospedale. Il ricorso era lì che aspettava di avere risposta. E quando ha deciso di pronunziarsi il Consiglio di Stato, sospendendo il concorso? È ovvio, a quattro ore dall’inizio della prova, quando gli aerei, i treni, i pullman erano già arrivati. Quando 1.761 italiani avevano già buttato soldi ed energie nervose. La folla dell’Ergife è una folla di cittadini maltrattati dalla stessa giustizia che dovrebbe tutelarne i diritti, applicando le leggi. Adesso si torna a casa, in attesa che il 27 la Corte decida. Ci sarà una nuova data, ma successiva alla sentenza. Corsi e ricorsi, anzi concorsi, di un’Italia zoppa. Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it