Renzi da Mentana, la forza comunicativa tra forma e contenuto
Qui si parla di tv, di comunicazione, non di politica. L’intervista di Enrico Mentana a Matteo Renzi nel corso della trasmissione «Bersaglio mobile» è stata una buona occasione per verificare la forza comunicativa dell’ex premier, quella forza che era stata una delle sue armi più efficaci (La7, mercoledì, ore 21,30).
Com’è noto, Renzi ha pubblicato un libro che si chiama Avanti (Feltrinelli), un titolo che sa molto di paradosso, se non di ossimoro, perché non poche pagine sono state utilizzate per fare i conti con il passato, come ha ammesso lo stesso autore «era giusto mettere agli atti per evitare ricostruzioni fantasiose». La forza comunicativa di Renzi si è sempre basata più sulla forma che sul contenuto. Nei suoi discorsi ciò che importava era il tono, la forma, l’amore per la battuta a effetto. Renzi contava in quanto icona, in quanto lì, pura potenza che si prestava (con un certo grado di ottimismo della volontà) a diventare atto nelle operazioni di governo. Adesso tutto è cambiato, bisogna rispondere alla domanda chiave di Mentana: «Perché tutti ce l’avevano con lei?». Renzi è molto meno efficace quando gioca in difesa, quando è costretto a rivendicare il lavoro fatto, quando deve giustificare la sconfitta: «La storia dirà se il referendum costituzionale è stato davvero sul merito o sul mio governo. Io lo rifarei, quel referendum non era per me».
Sicuro? E poi, a mettersi sul piano delle battute con Mentana, si rischia sempre. Invitato a dare risposte più «secche», deve incassare l’inevitabile facezia: «Compatibilmente con il livello dietetico». Per non parlare delle puntualizzazioni su Khomeini (definito dall’ex premier come un dittatore) o sulle citazioni latine. In questo momento la loquacità non è sufficiente e il carisma è offuscato. Bisogna ricominciare da capo. E per farlo in modo efficace, bisognava forse staccare la spina, sparire per un po’ e non scrivere libri.