Corriere della Sera

Erdogan a un anno dal golpe: «Via i traditori» «Marcia di unità nazionale» nella Turchia divisa. Ma il presidente esclude le opposizion­i

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Il ricordo Commozione per le vittime dell’attentato di un anno fa a Nizza (Reuters/Jean-Pierre Amet) discorso alla nazione dal Parlamento di Ankara alle 2.32 del mattino di domani: l’ora esatta in cui l’aviazione golpista sganciò la sua prima bomba contro l’edificio dove si erano già riuniti molti deputati. Da giorni nelle strade delle grandi città sventolano enormi bandiere turche e l’immagine di Erdogan campeggia un po’ ovunque perché è lui «l’eroe» del momento, il presidente inossidabi­le che ha chiamato il popolo in sua difesa e ne è uscito vincitore.

Ma se i giorni seguenti al golpe avevano unito il Paese contro il terrorismo facendo sperare nell’apertura di una nuova stagione, oggi il clima è totalmente cambiato tanto che i partiti all’opposizion­e sono stati tagliati fuori dalla maggior parte delle celebrazio­ni. Se da una parte c’è Tarkan Ecebalin che ha trasformat­o la casa in un museo per onorare la morte di suo figlio sceso in piazza per resistere ai golpisti, I magistrati rimossi dall’incarico dopo il golpe fallito: per Erdogan avevano legami con il predicator­e Fethullah Gülen dall’altra ci sono persone come Semih Ozakca e Nuriye Gulmen, due insegnanti licenziati in sciopero della fame da quasi 130 giorni, o come Taner Kilic e Idil Eser, rispettiva­mente presidente e direttrice di Amnesty Internatio­nal Turchia, arrestati ai primi di luglio.

Sono decine di migliaia le vittime delle purghe che si sono abbattute sulla Turchia dopo il 20 luglio, giorno della proclamazi­one dello stato d’emergenza che dura ancora oggi. Più di cinquantam­ila cittadini sono in carcere e 150 mila hanno perso il lavoro.

Una reazione «necessaria», dato il livello di infiltrazi­one nello Stato dei «gülenisti», secondo il presidente Erdogan che ieri, a un convegno sui diritti umani, ha accusato l’Europa e l’America di «essere solidali con gli assassini e non con le vittime».

«I Paesi stranieri ci chiedono cosa sarà di quelli licenziati. Non me ne importa nulla! Sono dei traditori». Applausi e urla di giubilo in platea. «Perché gli Usa non hanno estradato Gülen? Chi li difende i diritti umani? A noi dovrebbero dare il Nobel per la pace, noi ce lo meritiamo, di certo non l’Europa».

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