Il silenzio sulla morte di Liu Xiaobo E «scompare» anche la vedova
Bloccato ogni riferimento ai funerali del Nobel. Censurato chi cita sul web le sue parole
«Non ho nemici e non ho odio»: una delle frasi più belle che Liu Xiaobo ha lasciato alla Cina, poche parole chiare che racchiudono il suo pensiero e la sua visione di una trasformazione non violenta e democratica del Paese. Quelle parole il Premio Nobel per la Pace morto giovedì di cancro mentre scontava 11 anni di carcerazione per le sue idee «sovversive», le avrebbe volute pronunciare nel 2009, davanti al tribunale che lo condannò. Non glielo permisero. Ma ieri sui social network cinesi «Non ho nemici» ha continuato a comparire fugacemente per tutto il giorno, in un ultimo omaggio di alcuni coraggiosi al loro compagno morto. Coraggiosi, quelli che hanno affidato al web il loro dolore, perché la censura di Pechino presidia in forze Internet, interviene cancellando i post sgraditi e ne segnala gli autori alla polizia del cyberspazio.
La ricerca su Internet del nome Liu Xiaobo o della sigla LXB è stata bloccata. Anche RIP, Riposa in pace, non è stato consentito. È sfuggita per poche ore ai cacciatori al servizio del Partito-Stato solo l’immagine di una sedia vuota, che i censori non hanno evidentemente subito capito: ricordava l’assenza di Liu Xiaobo alla cerimonia di consegna del Nobel, nel 2010, quando la sua poltroncina rimase lì, desolatamente non occupata sul palco. Su WeChat circolava un vecchio proverbio: «Diluvia, è il cielo che piange per la morte di un eroe».
Una cortina di segreto è caduta intorno al corpo di Liu Xiaobo. Dopo averlo esibito morente in diversi filmati nelle ultime settimane, le autorità ora hanno fretta di chiudere la pratica. Silenzio sul luogo dove sarà (o è già stato) cremato. Silenzio anche è soprattutto su Liu Xia, la vedova.
La signora esile, con i capelli tagliati a zero, è stata al fianco del marito moribondo nelle ultime due settimane. Una grande concessione da parte delle autorità, perché il regolamento prevede una sola visita al mese per un carcerato. E così è andata avanti per anni, dopo il matrimonio, celebrato nel 1996 nello spaccio del «campo di rieducazione attraverso il lavoro» dove Liu Xiaobo era stato inviato. Una breve tregua, poi l’arresto definitivo dell’intellettuale che nel 2009 aveva pubblicato un manifesto democratico. Nel 2010, quando a Liu era stato assegnato il Nobel per la Pace, la moglie fu messa agli arresti domiciliari, senza imputazione. Si è ammalata di depressione e di cuore.
Ora, gli amici della coppia dicono che era nella speranza di far uscire lei dalla Cina e risparmiarle ulteriori persecuzioni che Liu Xiaobo aveva chiesto di essere curato all’estero nella fase terminale della sua malattia. Se lei l’avesse accompagnato sarebbe stata libera. La comunità internazionale, che fa i conti con il peso politico ed economico di Pechino, non ha fatto più del minimo suggerito dalla decenza nell’invocare un gesto umanitario. Ma sull’onda dell’emozione per la morte, si è levata qualche voce importante a favore della vedova. Il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha chiesto di permetterle di andare a vivere all’estero, un’ipotesi alla quale ha lavorato il governo tedesco e che è appoggiata dall’Unione Europea. Il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha risposto che la questione è interna e che la Cina ha già protestato per l’ingerenza con «alcuni Paesi». Il diplomatico cinese è anche tornato sull’assegnazione del Nobel al «sovversivo condannato» Liu Xiaobo: «Un atto di blasfemia».
Che cosa sarà adesso di Liu Xia, che si era innamorata del professore dissidente nei giorni della Tienanmen? Aveva 28 anni in quella primavera del 1989 ed era una giovane aspirante poetessa, in fuga dal padre funzionario che le aveva trovato un lavoro all’ufficio delle tasse. Liu Xiaobo aveva sei anni di più ed era già un idolo. Lei scrisse questi versi: «Non ti ho potuto/ dire una parola prima che tu entrassi nelle notizie/ tutti che ti guardavano mentre io ero persa/ ai margini della folla».
Se Liu Xia fosse libera di viaggiare, potrebbe essere invitata a Oslo, a pronunciare il discorso di accettazione del Nobel a nome del marito. La sedia vuota tornerebbe a infastidire la potente Cina.