Più debiti ha e più sale in Borsa, la formula doBank
(m.sab.) La banca dei crediti deteriorati ha fatto il botto in Piazza Affari. Presentata a un prezzo di collocamento di 9 euro, doBank all’inizio delle contrattazioni si è rapidamente spinta sopra i 10 per chiudere a 10,25 euro con un rialzo del 13,89%. La valutazione positiva degli investitori sembra andare al di là del giudizio di merito sulla bontà del titolo e si estende probabilmente all’intero business della gestione dei non performing loans. Interi pacchetti di crediti deteriorati talvolta di valore superiore al miliardo di euro, quasi sempre di alcune centinaia di milioni, passano di mano a prezzi scontati in media del 70% rispetto al loro valore facciale ma potrebbero valere molto di più. Il mestiere di doBank, così come della sua controllante, il fondo americano Fortress (che l’aveva acquistata da Unicredit nel 2015) è proprio quello di gestire e valorizzare questi portafogli. doBank, guidata da Andrea Mangoni (foto), controlla il 58% del mercato dei non performing loans italiani e gestisce un totale di 81 miliardi di crediti deteriorati, un mercato che continua a crescere molto velocemente. Il collocamento di ieri era destinato unicamente a investitori istituzionali e dal punto di vista geografico i più interessati sono stati gli operatori angloamericani. «Abbiamo un book di una qualità incredibile, di investitori importanti, sia long only che hedge», ha dichiarata Mangoni aggiungendo che nel capitale ci sono partecipazioni con quote sopra il 3% del capitale, ma nessuno supera il 5%. L’azionista Fortress, in sede di Ipo, ha venduto azioni pari al 44,3% del capitale ma non sembra intenzionato a cedere quote ulteriori. Singolare, peraltro, anche la storia di Fortress. Fondata nel 1998 come società specializzata in hedge fund e poi cresciuta nelle aree più redditizie del private equity e dei bond societari, dopo la quotazione (2007) è entrata, nel febbraio del 2017 , nell’orbita di Masayoshi Son, che per aggiudicarsela ha sborsato 3,3 miliardi di dollari. Masayoshi Son, ad del gruppo telecom giapponese Softbank, considerato un leader visionario, vuole diversificare nella finanza e nei settori di punta dell’hi tech, in questo caso con il colossale fondo da 100 miliardi di dollari Softbank Vision Fund.
Caltagirone, 59,6 milioni in cassaforte, ma lite sull’Opa
(f.mas.) Ha guadagnato 59,6 milioni di euro la holding al vertice del gruppo Caltagirone che — attraverso la Fgc spa — fa capo all’ingegnere Francesco Gaetano Caltagirone. Il balzo dell’utile della Fgc Finanziaria rispetto al sostanziale pareggio del 2015 è legato alle partecipazioni nelle imprese collegate. La holding di partecipazioni detiene il 10,3% di Cementir, il 43,3% di Vianini Lavori e il 18% di Caltagirone Editore. Fgc Finanziaria, inoltre, controlla Chiara Finanziaria, il veicolo creato per il varo dell’Opa volontaria in corso sul 27,1% di Caltagirone Editore che non è controllato dalla famiglia: un’offerta pubblica che viene però contestata da alcune minoranze per il prezzo considerato inadeguato di 1 euro ad azione. Dal prospetto emerge che l’offerta è a sconto del 26,4% dai massimi degli ultimi cinque anni toccati nell’aprile 2014 ma a premio del 30% sugli ultimi dodici mesi.