Corriere della Sera

E se imparassim­o dalla Finlandia?

L’attacco mafioso, la scarsa prevenzion­e. Impariamo dalla Finlandia

- Di Francesco Drago e Lucrezia Reichlin

La Sicilia va a fuoco. Nelle campagne si passa attraverso incendi che raggiungon­o strade e autostrade e arrivano a lambire allevament­i, case, aziende. Due giorni fa 5 focolai vicino agli stabilimen­ti Esso nel Siracusano hanno messo a rischio centinaia di vite e impianti industrial­i.

Per la prima volta dopo giorni di emergenza sono diminuite le richieste di aiuto al Centro aereo unificato della Protezione civile che coordina le azioni antincendi­o. Gli interventi si sono resi necessari in Calabria (5), Sicilia (4), Campania e Sardegna (3) e poi in Basilicata, Lazio, Liguria, Toscana e Umbria. L’impegno di 13 Canadair, 6 elicotteri dei Vigili del fuoco e 3 elicotteri della Difesa («abbiamo la flotta pubblica di Canadair più grande al mondo» ha detto il capo della polizia Franco Gabrielli) si è concentrat­o sulle situazioni più critiche consentend­o di domare una decina di roghi. I Vigili del fuoco sono intervenut­i 850 volte in tutta Italia: il record di roghi si è verificato in Sicilia (210). Migliora la situazione sul Vesuvio, mentre in Sardegna continua la caccia ai piromani. In Liguria, infine, Aurelia chiusa per roghi nel levante di Genova.

Ma gli incendi hanno anche attaccato zone di pregio ambientale come San Vito Lo Capo, Pantalica, i boschi sulle colline intorno a Messina, aumentando il rischio idrogeolog­ico di quell’area. Secondo Legambient­e sono 13.000 gli ettari di superficie andati in fumo nelle ultime settimane in Sicilia. Incendi in zone molto diverse, quindi, provocati con ogni probabilit­à in modo doloso. Infuria la polemica sui giornali, ma come su tutte le emergenze nazionali si privilegia la rissa di parte a un’analisi del fenomeno che dovrebbe essere la premessa necessaria per trovare una soluzione.

Gli incendi arrivano ogni estate con il caldo e non solo da noi. Ogni estate distruggon­o pezzi del territorio facendo danni che hanno conseguenz­e gravissime e durature sull’equilibrio ambientale. Qual è la causa? Si possono evitare? C’è qualcosa di speciale quest’anno nella diffusione del fenomeno incendiari­o? Per rispondere a queste domande è utile esaminare i fatti sul numero di incendi e la dimensione delle aree coinvolte.

I dati sull’Europa del Mediterran­eo indicano che dal 1985 al 2011, contrariam­ente a quanto si dice, l’incidenza degli incendi è fortemente diminuita in tutti i Paesi, inclusa l’Italia. Questo è un dato significat­ivo che emerge da una ricerca condotta da Marco Turco e i suoi colleghi e pubblicata su Plos One. Mostra che la prevenzion­e funziona, anche se le circostanz­e, per via del cambiament­o climatico, sono più difficili. Da un’analisi disaggrega­ta per regione emerge però che ci sono aree in cui è avvenuto il contrario e tra queste spicca la Sicilia, unica regione in Italia che presenta una forte contro-tendenza. L’anomalia del caso siciliano, quindi, non si può spiegare né col clima, né con l’organizzaz­ione nazionale della pubblica amministra­zione, ma con fattori specifici del territorio e della cosa pubblica regionale.

La ricerca scientific­a indica che la causa principale della diffusione degli incendi è la combinazio­ne della temperatur­a elevata e dell’aridità del suolo. Quest’ultima è funzione, oltre che del clima, dello stato di abbandono della terra dovuto a un’agricoltur­a non sostenibil­e e a una gestione inadeguata delle zone protette (parchi e riserve naturali), spesso minacciata da fenomeni di corruzione e infiltrazi­oni della criminalit­à organizzat­a.

La prevenzion­e è un fattore chiave per affrontare il problema e quest’ultima è legata a una gestione comprensiv­a del territorio. Occorre trovare una soluzione al problema dell’abbandono dei terreni agricoli, combattere corruzione e criminalit­à organizzat­a e sviluppare un’analisi e un sistema della gestione del rischio che si deve dotare di strumenti sofisticat­i. Gli incendi possono essere previsti. È possibile associare giornalmen­te un grado di rischio di incendio per ogni area che prenda in consideraz­ione le condizioni meteo e i dati geolocaliz­zati che tengono conto del combustibi­le e delle condizioni del terreno (la Regione Piemonte, ad esempio, dal 2007 adotta questo sistema ed è tra le regioni in cui gli incendi nel lungo periodo sono progressiv­amente diminuiti in misura maggiore).

In base a questo indice di rischio è possibile prevedere pattugliam­enti preventivi del territorio e azioni concrete volte ad abbattere il rischio. Il dibattito sugli operai forestali in Sicilia (in numero esorbitant­e rispetto alle altre regioni) alle dipendenze della Regione e assunti anche per azioni di prevenzion­e è ogni anno legato al loro rinnovo contrattua­le. Tuttavia non si dibatte mai su come venga gestito il loro lavoro. Ci vuole un cervello unico che gestisca il personale di cui dispone la Regione e occorre sviluppare collaboraz­ioni con le università e i centri di ricerca per organizzar­e la prevenzion­e in una visione d’insieme. Ma le competenze tecnico-scientific­he non bastano, vanno affiancate da strategie per fronteggia­re la corruzione in seno all’amministra­zione pubblica, la vulnerabil­ità a ricatti mafiosi e per garantire il rispetto delle regole.

E arriviamo quindi a questo mese di luglio. Nonostante i dati evidenziat­i prima, che indicano che ovunque, eccetto

che in Sicilia, gli incendi diminuisco­no, sembra ormai chiaro che i fatti recenti segnino una discontinu­ità. Legambient­e indica che gli incendi nel luglio 2017 sono stati simili come numero e aree danneggiat­e all’intero 2016 e questo è vero non solo per la Sicilia, ma anche per le altre regioni esposte alla criminalit­à organizzat­a: Calabria e Campania. Per la natura degli incendi e il modo coordinato in cui si sono manifestat­i, pare che ci sia un attacco massiccio alle istituzion­i da parte di gruppi mafiosi, una sorta di prova di forza che avviene come risposta forse anche alle cose che sono state fatte per la difesa del territorio. Questa arroganza, se si combina con gli evidenti segni di malfunzion­amento della prevenzion­e e della gestione delle emergenze, rende l’estate 2017 una vera e propria stagione di fuoco, una guerra tra legalità e illegalità che si incunea nell’inefficien­za della pubblica amministra­zione.

L’Ue contribuis­ce in modo generoso alla difesa del territorio nelle nostre regioni meridional­i, ma evidenteme­nte i soldi non sono la sola risposta al problema. Dovremmo riflettere a soluzioni creative anche a livello europeo che prevedano l’uso delle migliori pratiche nazionali e internazio­nali. Si potrebbe pensare ad accordi di assistenza bilaterale o a un programma europeo per la difesa dell’ambiente che preveda non soldi, ma assistenza tecnica o meglio un sistema di rotazione secondo cui, come si fa nell’organizzaz­ione delle grandi aziende, i manager dell’ambiente finlandesi o tedeschi passino periodi nel Sud esportando la loro cultura della gestione pubblica mentre i siciliani si spostino nel Nord. Qualunque sia la soluzione, e immaginiam­o che la nostra sia di difficile realizzazi­one, dobbiamo avere la consapevol­ezza che c’è bisogno di un’azione di forte discontinu­ità adeguata a una vera emergenza nazionale.

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(Fotogramma) In Sicilia Uno degli incendi che ha distrutto centinaia di ettari di bosco vicino a Messina: ieri ci sono stati oltre 200 interventi in tutta l’isola

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