Corriere della Sera

La nostra piccola Calais

- Di Marco Imarisio

La colpa maggiore è della Francia: aperta solo a parole. Ma Ventimigli­a è un nostro problema: non possiamo lasciarla sola.

La colazione abbondante è un segno di resa. Alla Caritas hanno fatta una scelta obbligata. Mancano le risorse per la distribuzi­one degli altri pasti. Addio al pranzo e alla cena, riempirsi la pancia al mattino e poi ognuno per sé. Certo, l’Europa dovrebbe essere unita nell’aiuto all’Italia. Ma nell’attesa l’Italia dovrebbe fare qualcosa di concreto per Ventimigli­a, la sua piccola Calais, una città di confine lasciata sola, in compagnia soltanto di vaghe promesse, a fronteggia­re un dramma epocale.

Solo nel 2017 in questa estrema periferia di ponente sono passati e si sono fermati 29 mila migranti. La presenza media dell’ultimo mese è di mille persone, sparsi per il centro gestito dalla diocesi, il campo della Croce rossa, il greto del fiume Roja, le strade intorno alla stazione. Aumentano i nuovi arrivi e diminuisco­no i volontari disposti ad occuparsi dell’accoglienz­a. Sono morti già dodici migranti dall’inizio dell’anno. Alcuni sono stati travolti dai camion, altri dai treni, oppure folgorati dal pantografo dei vagoni ai quali erano aggrappati, oppure precipitat­i nei crepacci delle montagne, mentre cercavano di entrare in Francia. Un Paese che non li vuole, che rispedisce indietro anche i minori in barba a qualunque convenzion­e internazio­nale. Ci provano in ogni modo, dall’alto e dal basso, anche dal mare, tante strade diverse alle quali è stato affibbiato un solo nome, la rout de la mort.

La vita quotidiana di una città votata al turismo balneare è stata stravolta, senza alcuna prospettiv­a immediata di ritorno a un simulacro di normalità. Poco importa che la colpa maggiore sia della Francia, aperta a parole, nei fatti pronta a sguinzagli­are ogni sera i cani contro i migranti sulle alture di Mentone. Ventimigli­a è un nostro problema. Il suo microcosmo riproduce in pieno l’assenza di una visione comune tra ognuno dei soggetti coinvolti. I migranti protestano per le condizioni nelle quali vivono e per le loro speranze negate. Gli abitanti inscenano sempre più Fronteggia un dramma epocale con le sue sole forze, e manca una visione comune tra i soggetti coinvolti spesso cortei di protesta contro la presenza dei disgraziat­i ospiti. I volontari di alcune organizzaz­ioni non governativ­e da mesi si improvvisa­no passeur e organizzan­o spedizioni notturne per eludere la sorveglian­za dei gendarmi. In questo modo, al netto delle buone intenzioni, diventano anch’essi calamita, richiamand­o sempre più clandestin­i. Il vescovo predica le porte aperte a tutti e la creazione di nuove strutture di accoglienz­a. Le istituzion­i locali sono isolate. Il giovane sindaco democratic­o Enrico Ioculano è l’unica figura chiamata al difficile compito di coniugare solidariet­à e tutela degli interessi di una comunità. Una missione quasi impossibil­e. Quando fotocopia l’ordinanza di molte città del nord che vieta di dare da mangiare per strada, viene dipinto sui social network come una specie di nazista e costretto a ritirarla, facendo imbestiali­re i suoi compaesani. Quando dopo mesi fa sgomberare l’accampamen­to sul fiume Roja, in condizioni igieniche terribili, lo accusano di essere il responsabi­le delle cacce all’uomo notturne. La curia lo critica, i centri sociali gli manifestan­o contro una volta alla settimana, ignorando per un riflesso condiziona­to di zelo umanitario gli sforzi dell’amministra­zione per una accoglienz­a pure superiore alle proprie forze. L’emergenza continua di Ventimigli­a mette sotto i nostri occhi la difficoltà di trovare un punto d’incontro che tuteli le esigenze di migranti e cittadini, entrambi a modo loro vittime di questa tragedia. E così rende evidenti i danni prodotti dalle parti in causa che forti della certezza assoluta di essere nel giusto si schierano da una parte sola.

Città di confine

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy