La vittima
In cielo Le dimensioni dello «Sling Shot» (una sorta di palla gravitazionale), il gioco sul quale è morta Francesca Galazzo
sicurezza, abbia toccato qualcosa di sbagliato. Ma perché quella gamba a penzoloni? E, soprattutto, possibile che sia così semplice sganciarsi da una giostra tanto estrema? «Io avevo gli occhi chiusi e non ho visto cosa stesse facendo Francesca. Ho solo sentito quell’urlo disperato: volooo!», ha singhiozzato l’amica.
La madre di Francesca, Leonella Lilla, non vuole sentir parlare di colpo di panico: «Non scrivetelo perché non è assolutamente possibile, non era il tipo», ha detto all’Ansa mentre andava all’obitorio. «Vogliamo che sia fatta giustizia e che si stabilisca se qualcuno ha colpa per la morte di mia figlia», ha aggiunto il padre, Tonino Galazzo.
Sentita dagli investigatori, la titolare della giostra ha detto di non capacitarsi dell’accaduto. Cioè, del fatto che entrambi i sistemi di sicurezza non abbiano bloccato la ragazza.
«Verificheremo se sono state rispettate tutte le norme, anche di progettazione e di collaudo della macchina», hanno detto in Procura. Francesca e la sua amica avevano comunque i requisiti minimi per salire, indicati da un cartello esposto al luna park: altezza minima 140 centimetri, età superiore ai 16 anni, divieto per cardiopatici e donne in gravidanza. Precauzioni di una «giostra da sballo», come la chiamano i ragazzi in Rete.
Non è la prima tragedia che si consuma fra gli elastici della Sling Shot. Il 26 aprile del 2010 un lancio fu fatale a Laura Cristofoletto, trevigiana di 46 anni, che al termine del «giro» al parco tematico dell’Italia in miniatura di Rimini, fu trovata esanime. Il suo cuore non aveva retto l’improvvisa accelerazione della capsula, volata a 55 metri di altezza in un secondo. Troppo forte quell’emozione.
Francesca Galazzo (in una foto tratta dal suo profilo Facebook) aveva 27 anni
Mamma di un bimbo di 2 anni e mezzo, è precipitata da un’altezza di 20 metri ed è morta nel luna park di San Benedetto del Tronto