Corriere della Sera

«Non sono io il responsabi­le degli incendi»

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Ciao, sono Peppe, sono un cane e ho trascorso parte della breve vita a scappare dai calci della gente. Dicono che ogni anno di un cane corrispond­a a sette dei vostri, ma non auguro a nessun umano di vivere 365 giorni come un bastardo sul quale sfogare repression­e, rabbia, violenza. Mi sono nascosto per ore tra i rovi per sfuggire all’uomo, colpevole solo di esser nato, di cercare una casa e una carezza. Ho vagato nelle notti alla ricerca di un pezzo di pane, di un fuoco per scaldarmi, ho sofferto la sete nelle atroci estati vesuviane. Non ha nulla di bello: il corpo è sgraziato e il muso allungato, ma gli occhi marroni nessuno li ha mai guardati. Qualche luna fa un contadino decise di darmi un nome, Peppe, come il figlio fuggito a Milano per lavorare. Ho vissuto con lui finché le donne di famiglia mi cacciarono e mi rimase solo il ricordo del viso triste del contadino. Oggi mi hanno preso, la corda stretta lacera la carne del mio collo. Mi danno una bastonata e poi mi gettano del liquido addosso: è benzina. Poi mi portano via lungo un sentiero di montagna e vedo, lontano, il vulcano. Uno di loro fa scattare una scintilla; la coda prende fuoco e sento un dolore tremendo. Mi lasciano e io scappo , corro nel bosco, ma il fuoco non mi abbandona finché soccombo. Non avrei mai pensato di finire così, ma non vorrei essere ricordato in questo modo, non vorrei vedere i miei resti accanto a quel che resta della collina perché io, Peppe, non sono e mai sarò responsabi­le di tutto questo.

Roberto Schioppa Ogni domenica pubblichia­mo il racconto breve — reale o di fantasia — scritto da un lettore

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