Corriere della Sera

Razzismo negli stadi, uno studio Figc dice che è in calo

Negli ultimi 7 anni le sanzioni alle società sono diminuite. Ma occorre capire i veri motivi

- Marco Letizia

La restaurazi­one bianca si materializ­za sotto il tetto chiuso per pioggia, dentro un tennis pneumatico e indoor che si lascia dietro eco e ricordi. L’enclave Williams (dal 2000 cinque titoli sull’erba per Venus e sette per Serena) è profanata da Garbine Muguruza, venezuelan­a di padre spagnolo passata sulla terra rossa di Barcellona a farsi naturalizz­are, valchiria potente con grazia, capace di un’impresa nell’impresa: conquistar­e due Slam battendo le due sorelle, la Williams junior a Parigi l’anno scorso e la Williams senior a Wimbledon ieri. «Ogni giorno passavo davanti all’albo d’oro e vedevo quel cognome ripetuto dodici volte. Mi sono immaginata il mio, Muguruza, impresso a lettere d’oro. Nuovi nomi e nuove facce: è questo che il tennis vuole».

Al di là delle percentual­i al servizio (77% di punti sulla prima palla) e dei pochi errori gratuiti (11 contro i 25 di Venus), della rarefazion­e delle regine caucasiche (Sharapova, Mauresmo, Kvitova, Bartoli) dall’inizio del nuovo secolo e dei ragionamen­ti di psicotenni­s in base ai quali per forza Muguruza deve avere più fame di una Williams a quota sette Slam, forse oggi basterebbe la differenza d’età, 23 anni contro 37 e 28 giorni, a spiegare perché Garbine è diventata la sacerdotes­sa del tempio vincendo un set, il primo, quando sul 7-5 il match è finito pur avendo l’anziana Venus più tennis nel braccio, cuore nel petto e mascara sulle ciglia.

C’è chi dice che ormai siamo abituati a tutto e nessuno più si scandalizz­a. Neppure davanti agli striscioni razzisti o ai cori violenti e discrimina­tori. Senza dimenticar­e i tanti episodi del passato, dai casi Zoro e Boateng, all’ultimo che ha riguardato Muntari. Il problema del razzismo, della discrimina­zione etnica e regionale negli stadi esiste ed è un problema serio, per cui in ambito sportivo sono state varate norme molto severe. Un segno di speranza arriva ora da una ricerca condotta dalla Figc in cui si evince come negli ultimi sette anni dal 2010 al 2017, il fenomeno, almeno sul piano Campioness­a Garbine Muguruza, venezuelan­a di padre spagnolo di 23 anni, ha conquistat­o due Slam battendo le due sorelle, la Williams junior a Parigi l’anno scorso e la Williams senior a Wimbledon. È allenata da Conchita Martinez. Anche la spagnola nel 1994 vinse Wimbledon (LaPresse) «Ha giocato meglio di me» ha concesso la veterana, sportiva come sempre, zavorrata da errori imperdonab­ili e tradita dal dritto con cui ha fallito un set point sul 5-4 in cima a uno scambio da videogioco furibondo, troppo fast and furious per i puristi, prima che Muguruza annullasse il secondo (e ultimo) con un servizio vincente. «In quel momento non ho pensato a niente, sapevo che con Venus avrei dovuto soffrire. Mi sono detta: è tutto normale, stai giocando la finale di Wimbledon con una Williams, non farne un dramma» ha spiegato Garbine dopo gli abbracci e i selfie, i convenevol­i con re Juan Carlos e la foto con Manolo Santana (re 1966), finalmente tuffata nelle braccia di Conchita Martinez, la spagnola terraiola che nel ’94 ebbe l’impudenza di negare Wimbledon a una Navratilov­a anch’essa 37enne, a delle sanzioni comminate alle società, è in diminuzion­e.

Negli ultimi 7 campionati i giudici sportivi di primo grado di Lega Serie A, Lega Serie B e Lega Pro hanno registrato complessiv­amente 264 episodi di discrimina­zione, di cui 130 avvenuti nei campi della Serie A e 34 in quelli appartenen­ti alla serie cadetta. Le sanzioni solo in denaro sono state 217, e hanno pesato sulle casse dei club per un totale di quasi 3,2 milioni di euro (di cui il 78,6% a carico delle società di A). Le altre sanzioni (chiusura di interi settori o disputa a porte chiuse delle partite) sono state 29, mentre le sanzioni Specialist­a Roger Federer, 36 anni, ha già vinto 7 volte Wimbledon (Getty Images) pecuniarie comminate insieme alle altre sanzioni sono state 18. Ben 152 episodi (57,6% del totale) hanno una matrice razziale, 104 (39,4%) territoria­le ed i rimanenti 8 casi (3,0%) sono riconducib­ili a discrimina­zioni di tipo sia razziale che territoria­le. Il fenomeno discrimina­torio è, come detto, in diminuzion­e: negli ultimi 7 Importante il potere decisional­e dell’arbitro nel caso di episodi razzisti nelle tribune anni c’è stato un calo del 74,5%. Fin qui i dati. Che sono figli delle decisioni dei tribunali sportivi, che a loro volta si basano essenzialm­ente sui verbali degli ufficiali di gara. Tutta, come sempre, colpa (o merito) degli arbitri? Non è così semplice. In questo caso i direttori di gara sono stati chiamati a trovare risposta di volta in volta a un problema che ha due possibili soluzioni:

1) Dare immediata ragione all’offeso sospendend­o la gara o comminando una sanzione (anche pesante) alla società dando però così un enorme potere ad una minoranza di esaltati. «Sapevo che con Venus avrei dovuto soffrire: mi sono detta, niente drammi...»

2) Fare finta di niente, privando così i tifosi esaltati di un’arma di ricatto nei confronti delle società, ma lasciando soli gli offesi e generando un senso di impunità. L’impression­e è che il calo registrato sia più il frutto del prevalere di questa seconda linea. Ciò che manca ancora e che probabilme­nte richiede maggiori risorse finanziare e tecnologic­he (vedi i sistemi di riconoscim­ento facciale), è dare alle forze di polizia e alle società la possibilit­à di individuar­e i singoli responsabi­li. E così sradicare il fenomeno.

Il ruolo arbitrale

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy