INVESTIMENTI RIDOTTI PER IL CUORE
Circa il 20% degli uomini e delle donne muoiono a causa di malattie coronariche, responsabili d’angina, infarto e scompenso cardiaco. A confronto, la mortalità per cancro al seno nelle donne è del 3%. Nonostante i progressi degli ultimi decenni le malattie coronariche rimangono il killer numero uno.
È sorprendente che a fronte di questa forte evidenza epidemiologica i finanziamenti pubblici e privati a sostegno della ricerca sulle cause e sul trattamento delle malattie coronariche siano stati negli ultimi anni progressivamente ridotti. È con questi presupposti che a Roma dal 5 al 7 luglio 2017 si è svolto un Simposio internazionale che ha riunito i maggiori esperti in materia da tutto il mondo dal titolo “Ischemic heart disease: the main cause of morbidity and mortality worldwide. What can we improve?”. L’obiettivo è stato definire le linee di ricerca più promettenti per ridurre la mortalità causata dalle malattie coronariche. In particolare, sono state discusse le cause dell’infarto alla luce del fatto che quella che sembrava una malattia unica è invece causata da almeno quattro diversi meccanismi che necessitano di terapie diverse. Questa importante innovazione concettuale è stata resa possibile da nuove tecnologie di imaging, in particolare l’Oct (Tomografia a coerenza ottica). Questa tecnologia consente di curiosare dentro le coronarie dei nostri pazienti con una risoluzione simile a quella di un microscopio. È stato inoltre discusso il ruolo delle alterazioni del microcircolo coronarico. Questa seconda importante innovazione concettuale è stata resa possibile da nuove tecnologie che hanno consentito un’esplorazione funzionale delle coronarie e documentato che in circa metà dei pazienti angina, infarto e scompenso cardiaco non sono causati da ostruzioni coronariche “visibili” alla coronarografia, ma piuttosto da alterazioni del microcircolo coronarico. Pertanto, moltissimi pazienti che presentavano una malattia coronarica “invisibile” sfuggivano alla diagnosi. È stata definita una “road map” per l’implementazione di una medicina personalizzata delle malattie coronariche in grado di ridurne sostanzialmente la mortalità ancora tragicamente elevata sperando che sarà sostenuta da un’inversione di tendenza negli investimenti dedicati a quello che rimane nel mondo il killer numero uno. *Direttore del Polo Scienze Cardiovascolari e Toraciche Policlinico Gemelli; Ordinario di Cardiologia Università Cattolica di Roma