Federer nella storia Re per l’ottava volta
Finale senza storia, Cilic liquidato in tre set Lo svizzero trionfa e si commuove «Giocare fino a 40 anni? Magari, se dormo nel freezer...»
George W. Bush, che il 20 marzo ordinava alle truppe americane di invadere l’Iraq, non è più presidente. Patrick Ewing smetteva di essere la maglia n. 33 dei Knicks, Michael Jordan di vivere in sospensione e il Concorde di volare. Anche il Milan di Berlusconi, che a Old Trafford batteva la Juve nel derby di Champions, oggi non esiste più: è dei cinesi. Due lustri e quattro anni più tardi, Roger Federer c’è ancora. E a 35 primavere e 342 giorni gioca il miglior tennis della sua vita.
Nel 2003, primo dei suoi 8 Wimbledon e dei suoi 19 Slam (record in purezza, con la chicca di essere diventato il più anziano re di un Major nell’era open), Ruggero era un adolescente svizzero di belle speranze, con la barba lunga, il codino e una certa propensione, rapidamente corretta, a lanciare per terra la racchetta quando l’erba si metteva in salita: «Che orrore, non ricordatemelo — scherza oggi il sovrano di Church Road —. Quattordici anni fa ero un ragazzino che faceva grandi sogni e vinceva il torneo che già era stato dei suoi eroi, Borg, Sampras, Edberg, i predecessori grazie a cui sono diventato un tennista migliore».
Il migliore, per la precisione. Su questo, da Laver a Rosewall, da McEnroe a Becker, gli antenati riuniti sul centrale (insieme a William e Kate, Theresa May e Antonio Conte) per presenziare all’ennesima ostensione dell’idolo pagano, non c’è discussione. Ed è un peccato che la giusta celebrazione del campione più grande non sia passata attraverso una finale di Wimbledon degna, ma una vescica sotto il piede, insieme a quel complesso di inferiorità che trasforma (quasi) tutti in pivelli quando si trovano sul centre court al cospetto del maestro, ha impedito al n. 6 del mondo, Marin Cilic, di essere competitivo. Entrato in campo già madido, capace appena del 60% di prime palle e, quindi, depotenziato dell’arma letale, Cilic è stato più sparring partner che rivale, sprofondando sotto l’asciugamano in un pianto dirotto sul 6-3, 3-0, quando lo spettacolo si è fatto imbarazzante e il senso d’impotenza insostenibile: «Il giorno più sfortunato della mia carriera».
Philippoussis e Roddick, nemici di quattro Wimbledon, si sono ritirati da secoli. Nadal e Murray, complici di altre tre ordalie erbivore, benché più giovani assistono ammirati alla seconda giovinezza di questo Federer in
trionfo senza perdere un set, stupefacente anche per se stesso («Australian Open e Wimbledon, che stagione incredibile: alla mia età credevo di poter giocare bene a sprazzi, non di conquistare due Slam...»), che ha trovato in Ivan Ljubicic lo stratega di cui non aveva mai avuto bisogno, nel riposo prolungato il segreto di Pulcinella («Prendermi dei break sarà sempre più necessario, per essere aggressivo devo essere in forma: la salute è la chiave di questi risultati»), nella famiglia l’amore incondizionato con cui ridare slancio ai battiti del vecchio cuore.
Ed è stato proprio quando Mirka, la moglie adorata («Meravigliosa, la mia prima tifosa: se da domani mi dicesse che si è stancata di viaggiare e resta a casa, smetterei subito»), con un colpo di teatro ha fatto comparire in tribuna i quattro bellissimi eredi — le gemelle Myla
Rose e Charlene Riva, 8 anni, e i gemelli Leo e Lennart detto Lenny, 3 — che Roger ha ceduto di schianto, mettendosi a singhiozzare col naso rosso come un pupo. Guardava quel presepe famigliare, Leo con le dita in bocca e Lenny in braccio a nonna Lynette, Charlene seria seria e Myla seduta sulla balaustra del box dei giocatori, e non riusciva a trattenersi, figlio degli dei del tennis al cospetto dei suoi figli.
Tornerà a Wimbledon nel 2018? Certo, se God continuerà a salvare the Queen e a tenersi stretta l’incarnazione terrena che ha scelto per giocare a tennis, quando ha il tempo di farlo. «Nel 2003 ho vinto a Londra con la segreta speranza di riuscirci di nuovo. A 8 titoli non pensavo nemmeno nei miei sogni proibiti». Giura che continuerai fino a 40 anni, svizzero fatato: «Se avrò la salute e la voglia, se di notte mi coricheranno a dormire in un freezer, perché no?». È pure simpatico, accidenti a lui. E da oggi, come se nel suo caso la classifica significasse qualcosa, ritorna numero 3.