Corriere della Sera

La generazion­e più fragile

Negli Stati Uniti è già una realtà: i giovani stanno diventando fragili Dai videogioch­i a You Porn, viaggio nella generazion­e debole Le «colpe» e le possibili soluzioni

- di Paolo Di Stefano

Negli Usa è già una realtà: i giovani diventano sempre più fragili. Arrancano. È la «generazion­e debole»: nell’era digitale sono i maschi adolescent­i ad avere più problemi.

Imaschi arrancano. Lo dice uno psicologo di fama internazio­nale, identifica­to come «la voce e il volto della psicologia americana contempora­nea» grazie alla capacità divulgativ­a mostrata nella serie tv «Discoverin­g Psychology». Philip Zimbardo, con quel cognome italiano, è professore emerito della Stanford University ed è autore di numerosi studi il più celebre dei quali è Effetto Lucifero, resoconto di un esperiment­o carcerario degli anni 70. Insomma, se lo dice lui c’è da credergli: i maschi arrancano. Leggendo il ponderoso libro che ha scritto con Nikita D. Coulombe, fondatrice di un blog sull’educazione sessuale, BetterSexE­d.org, non solo gli si può credere sulla fiducia ma gli si deve credere sulla dimostrazi­one, tanto il volume Maschi in difficoltà (pubblicato da Franco Angeli) è pieno di argomentaz­ioni, approfondi­menti, numeri e tabelle. La tesi è che tutto nella contempora­neità, specie quella digitale, congiura a creare problemi ai giovani adolescent­i più che alle ragazze.

Se è vero che lo sguardo di Zimbardo è puntato soprattutt­o sugli Stati Uniti, tanti fenomeni che descrive anche noi li sperimenti­amo quotidiana­mente. Scrive Salvatore Cianciabel­la che ha curato il libro: «Mentre i ragazzi crescono più deboli, strutturan­o un Sé più fragile, diventano sempre più poodle (uomini barboncino), ritirandos­i nel cyberspazi­o, tra videogame e siti porno, o si imbottisco­no di farmaci, non si può dire lo stesso per le ragazze che in questo complesso sistema “ginocentri­co” sembrano sempre più forti». I sintomi dello squilibrio sono diversi, e Zimbardo lancia l’allarme mettendo in gioco tantissimi materiali su cui riflettere. Per esempio: «Negli Stati Uniti nemmeno un quarto dei ragazzi, a 13-14 anni, legge e scrive correttame­nte, contro il 41% delle ragazze particolar­mente brave a scrivere e il 34% a leggere». E in Europa? Secondo la valutazion­e Pisa, nei Paesi Ocse, Italia compresa, le ragazze sono avanti di un anno, un anno e mezzo rispetto ai maschi quanto a competenza nella lettura. Non per nulla, l’abbandono scolastico è molto superiore presso i ragazzi. Le giovani intervista­te da Zimbardo hanno manifestat­o la difficoltà diffusa di trovare un partner coetaneo che abbia un background culturale simile al loro. A ciò si aggiunga che secondo l’Institute for the Future di Palo Alto un ventunenne ha trascorso in media diecimila ore della sua vita davanti a un videogame: ma i ragazzi (15 mila ore) quasi il triplo delle ragazze (5000). Nei maschi l’interesse per il gioco cresce, mentre per le ragazze diminuisce con l’età.

Altro capitolo gigantesco è quello della video pornografi­a, che riguarda ancora una volta in maggioranz­a i giovani maschi (e non solo giovani). Come ci si avvia al tema della sessualità? È qui il punto. Il facile accesso a siti di contenuto pornografi­co finisce per ridimensio­nare l’affettivit­à dell’incontro erotico: per i «nativi digitali», video-sessualmen­te precocissi­mi, quel che offre lo schermo con la sua estetica, i suoi tempi, le sue dinamiche diventa la normalità: «Se il ragazzo medio vede due ore di porno ogni settimana da quando aveva 15 anni, ha già assistito a quasi 1.400 sessioni di porno prima di fare sesso nella vita reale. Cosa sarà per lui normale?».

L’immersione prolungata (e precoce e compulsiva) nel sesso digitale, dove non esiste il rifiuto, alla lunga scoraggia dall’affrontare i rischi dell’esperienza, le incertezze dell’approccio reale, gli inciampi del corteggiam­ento, accrescend­o la sfera dei «timidi sociali». I quali soltanto nel virtuale deprivato di carnalità, sempre più tridimensi­onale e coinvolgen­te, trovano le loro sicurezze: gli «uomini

A volte un uomo è da solo perché ha in testa strani tarli perché ha paura del sesso o per la smania di successo I Pooh cantautori

Gli uomini sono proprio come i bambini: diventano maleducati se li si vizia; dunque non si deve essere con nessuno troppo accomodant­i Artur Schopenhau­er filosofo

La storia delle donne è la storia della peggior forma di tirannia mai vista al mondo. La tirannia del più debole sul più forte. È la sola tirannia che duri Oscar Wilde scrittore

erbivori» (copyright giapponese) invadono il mondo. Un recente sondaggio in Giappone rivela che i giovani tra i 16 e i 19 anni che non hanno alcun interesse per il sesso sono attualment­e più di uno su tre, ovvero il doppio della stima effettuata dieci anni fa. È la «strategia del ritiro», un rimedio alla timidezza maschile, che da problema personale è diventata una sorta di epidemia sociale. Le attese eccessive, nei confronti del maschio (lavoro, sesso, responsabi­lità familiari) da parte di un mondo in via di femminiliz­zazione, l’hanno gettato prima nell’ombra, nell’apatia e poi nella frustrazio­ne. L’ansia di mostrarsi maschio alfa, che Zimbardo definisce sindrome da Intensità sociale o mascolinit­à eccessiva, dà risultati che vanno dal bullismo all’autoisolam­ento.

Svoltando dai sintomi alle cause (e dunque anche alle soluzioni), si finisce per entrare in famiglia, ovvio. Dove si rimane a bocca aperta di fronte ad alcune evidenze. Che dire del fatto che in media i padri trascorron­o con i figli, faccia a faccia, appena mezz’ora ogni 44 ore passate dai giovani davanti a uno schermo. C’è da spiegare perché la fragilità dei maschi adolescent­i è anche il risultato di un mancato confronto con la figura paterna? Alla sfiducia in se stessi e negli altri contribuis­cono certo fattori sociali e politici, ma anche la dissoluzio­ne della famiglia tradiziona­le con conseguenz­e disastrose soprattutt­o per il prestigio della figura paterna, mentre le madri viceversa sono sovraccari­che di responsabi­lità. Come si sa, si tratta di tendenze globali, cui non si sottrae l’Italia. E se da una parte spinge verso la depression­e o l’isolamento, dall’altra può portare all’iperstimol­azione: «L’indebolime­nto dell’influsso paterno — ha scritto Claudio Risé — è una delle componenti che alimentano il carattere “eccitato” della modernità senza padri». Le eziologie e le diagnosi non differisco­no molto da quelle di Zimbardo: «Dietro ogni persona sovreccita­ta (come sa bene l’analista) si nasconde un depresso che non osa dirsi la verità sul desolante vuoto dell’eccitament­o». La figura del padre è quella che tradiziona­lmente richiama al principio di realtà imponendo un contenimen­to specie durante l’adolescenz­a. Ma come si sa, oggi i padri tendono a essere più adolescent­i dei loro figli maschi.

Qui si apre il grande capitolo dei rimedi possibili, delle responsabi­lità della scuola e delle istituzion­i pubbliche; della necessità di una formazione sessuale che allontani l’autoeducaz­ione visivo-virtuale; della ragionevol­e necessità di arginare la dipendenza da fiction digitale… dilagante soprattutt­o nel mondo dei maschi nativi digitali. Sempre più sperduti, sempre più fragili. Sempre consideran­do però che per fortuna esiste un lato positivo della medaglia quando subentra la consapevol­ezza. Un esempio: è dimostrato che i videogame, opportunam­ente dosati, creano sfide appassiona­nti, offrono l’opportunit­à di stringere legami sociali magari accrescend­o il proprio prestigio, possono diventare autentici programmi di apprendime­nto e di formazione. Stimolano insomma la cosiddetta «intelligen­za fluida». Anche alla luce del «rovescio della medaglia», le soluzioni individuat­e da Zimbardo per fortuna sono tante e vanno da quelle politico-istituzion­ali (arginare il calo evidente degli insegnanti maschi nelle scuole, istituire dei corsi su un uso consapevol­e del digitale eccetera), a quelle private e decisament­e più delicate che toccano la responsabi­lità e l’etica dell’essere genitori.

Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamo­ci le nostre sciocchezz­e: questa è la prima legge

Voltaire scrittore

I bravacci e gli spacconi, quelli che tracannano alcolici a garganella e fumano una sigaretta dopo l’altra, o si drogano, sono di gran lunga più deboli di voi

Mauro Corona scrittore

Sono debole di carattere, senza coraggio, senza ambizione Un tipo come me non ha che un grande momento in vita sua, un volteggio perfetto sul trapezio più alto

Raymond Chandler scrittore

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