Corriere della Sera

Il timore di «cadere» con la fiducia La battuta di Renzi: pace col mondo

La telefonata del premier: al Senato non ci sono i numeri, evitiamo una guerra d’odio

- Monica Guerzoni

«Pace col mondo...». Raccontano che Matteo Renzi abbia reagito con una battuta conciliant­e alla telefonata del presidente del Consiglio, che a metà pomeriggio gli comunicava la (sofferta) decisione di stoppare la legge sulla cittadinan­za ai figli degli immigrati nati in Italia. «Matteo, non ci sono le condizioni per forzare — è stata la spiegazion­e di Paolo Gentiloni —. Al Senato non abbiamo i numeri e, se mettiamo la fiducia, il governo cade». E Renzi, che ci aveva messo la faccia sfidando tutto e tutti: «Paolo lo sai, per me era un provvedime­nto importante. Ma capisco le preoccupaz­ioni per la tenuta della maggioranz­a e mi rimetto alle tue decisioni».

Al Nazareno la notizia era attesa e temuta, eppure tra i dirigenti del Pd c’è chi insinua che Gentiloni «non ha avuto la forza di imporre ad Alfano il provvedime­nto». E non per un problema di voti. «I numeri al Senato ci sono», è il leitmotiv dei renziani. Ma il premier ha alzato lo sguardo rispetto alle dinamiche parlamenta­ri e si è assunto in prima persona la responsabi­lità del rinvio, maturando, come ha spiegato ai collaborat­ori, «una scelta di realismo».

L’Italia vive un momento drammatico per gli sbarchi e Gentiloni spera che le trattative sui flussi migratori con i partner europei portino presto a sviluppi positivi. Perché buttare un cerino su una catasta di legna? In questo clima, con i sindaci di piccoli Comuni che rifiutano di accogliere i migranti e Salvini che stasera sbarca a Civitavecc­hia, Gentiloni ha fiutato il rischio di «incendiare il Paese» portando in Aula una mina come lo ius soli. «C’è troppa voglia in giro di scatenarsi su questo tema — è l’assillo che il premier ha confidato ai suoi —. Non possiamo permetterc­i di far cadere il governo e offrire una carta vincente alle destre».

A settembre, si augura Gentiloni, questa torrida estate sarà finita e forse Alfano si rassegnerà a votare a favore, come gli ha promesso. Al ministro degli Esteri e leader di Ap i renziani addossano il peso di una sconfitta politica per il loro leader. «Se Alfano avesse detto sì, i suoi senatori non lo avrebbero seguito, perché sono sotto la minaccia di Salvini. Chi vota la legge non sarà nelle liste elettorali».

Fermare la riforma non è stato indolore per Gentiloni, favorevole a una legge sostenuta dal mondo cattolico e del volontaria­to. Ma il premier sente di aver fatto la cosa giusta, «evitando che una scelta di civiltà si trasformi in una guerra di odio». La reazione di Renzi, che non vuole aprire un fronte di fibrillazi­one anche con il governo, è improntata alla cautela. Ma qualche tensione deve essersi innescata se un alto dirigente dem la legge così: «Non è Renzi che ha fatto una figuraccia, è il governo che non ci fa una bella figura sulla tenuta della maggioranz­a». E poi, sottovoce: «La legge di bilancio ce la approviamo da soli? Se non passa, ognuno si assumerà le sue responsabi­lità».

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