Il triste primato dell’oppressione tributaria
«Le cento tasse degli italiani», il libro accusa contro la complicazione del Fisco, di Giulio Tremonti e Giuseppe Vitaletti, uscì nel 1986. Allora fece clamore per il numero di tasse individuate, ma un’edizione aggiornata oggi dovrebbe intitolarsi «Le duecento (o trecento) tasse degli italiani». In 31 anni il sistema fiscale è diventato più vorace e più complicato se, come denunciano i commercialisti, i codici tributo, quelli che servono per pagare le imposte, sono diventati 350. Non saranno automaticamente 350 tasse, ma sono comunque 350 voci di entrata del bilancio pubblico. Orientarsi in una simile giungla è complicato e ad altissimo rischio. Secondo la ricerca «Doing business» in Italia servono 240 ore l’anno per pagare le tasse, contro una media Ue di 155. E in cambio cosa abbiamo ottenuto? Nel 1986 la pressione fiscale era al 35% oggi è al 43%. Il rapporto debito/Pil era all’85%, oggi siamo al 132%. Qualcosa non ha funzionato. Abbiamo il primato della pressione tributaria e al contempo quello dell’oppressione tributaria. Anche l’arrivo della telematica, più di tanto non ha giovato. È vero, il 730 precompilato è sicuramente un passo in avanti, ma la telematica è stata usata dal Fisco per acquisire più velocemente informazioni, scaricandone l’onere su contribuenti e professionisti, indispensabili per far fronte ai numerosi impegni. Se ci pensate bene facciamo tutto noi: calcoliamo le imposte, compiliamo e trasmettiamo le dichiarazioni, versiamo le tasse, con un anticipo del 100%, spediamo milioni di documenti (solo i modelli di dichiarazione sono 40 milioni). Il Fisco dovrebbe almeno fare i controlli. Ma un’impresa o un lavoratore autonomo ne rischia uno ogni 70 anni.