Dolo o imprudenza, c’è sempre la mano dell’uomo
L’ondata malefica d’incendi che sta devastando il Meridione ha colpito, oltre all’Oasi Wwf del Cratere degli Astroni a Napoli , l’Oasi del Lago di Burano nel Comune di Capalbio: oltre 10 chilometri di spiaggia intatta divisi dal lago da una duna coperta di lentischi, ginepri, sughere e lecci sono stati sfiorati dall’incendio che stava superando il fiume Chiarone al confine tra Toscana e Lazio, minacciando stabilimenti e campeggi, provocando la fuga di daini e cinghiali. Gli incendi estivi che hanno funestato negli scorsi anni anche l’Argentario (ero presente con l’allora sindaca Suni Agnelli all’incendio dell’agosto ’81 sul quale intervennero i primi Canadair francesi) hanno per la quasi totalità dei casi origini umane. Vuoi colpose, legate a imprudenti bruciature di sterpaglie, di mozziconi accesi, di grigliate in luoghi pericolosi, di lancio di fuochi pirotecnici (è accaduto all’Isola del Giglio) o di razzi di segnalazione lanciati per divertimento da un panfilo (come a Port’Ercole), vuoi dolose. Come quelli per favorire la ricrescita degli asparagi selvatici che desertificano molte pendici, i fuochi pastorali per ottenere alle prime piogge autunnali dei pascoli più pingui o il bracconaggio che dalla fauna stanata ricava prede da fucilare. Nei luoghi più infestati dalla malavita organizzata, gli incendi hanno origini ben più gravi: fiamme appiccate per vendetta, protesta contro le aree protette (vedi il Parco nazionale del Vesuvio o la Riserva Naturale degli Astroni), per ribadire l’odio contro i poteri costituiti e ottenere nuovi posti di lavoro sia nel contrasto alle fiamme, sia nelle successive opere di recupero. Il tutto favorito dal riscaldamento globale che qualcuno ancora osa contestare.