Corriere della Sera

«Resisterem­o in modo pacifico Sconfigger­e Erdogan si può»

Uno dei leader kemalisti spiega la strategia dell’opposizion­e: restare uniti

- DALLA NOSTRA INVIATA Monica Ricci Sargentini

Dopo il weekend di cerimonie per commemorar­e i martiri del 15 luglio, morti lo scorso anno per sventare il colpo di Stato gulenista, il parlamento turco si appresta ad approvare oggi l’estensione dello stato di emergenza di altri tre mesi. Una misura necessaria secondo il primo ministro Binal Yildirim e il presidente Recep Tayyip Erdogan che in più occasioni hanno fatto il paragone con la Francia: «Loro per molto meno lo hanno imposto per un anno»; una decisione eccessiva per l’opposizion­e che chiede a gran voce la sua sospension­e dopo le purghe che hanno portato all’arresto di oltre 50 mila persone e al licenziame­nto

di 150mila (di cui 30 mila poi reintegrat­e).

«Parliamoci chiaro: alcuni di quelli che sono in prigione al momento sono colpevoli perché sono effettivam­ente membri di Feto (che fa capo a Gulen, ndr). Ma altri no. Questa non è più una democrazia». A parlare è Ozturk Yilmaz, 47 anni, deputato del Chp e responsabi­le delle relazioni internazio­nali. «Noi abbiamo marciato da Ankara a Istanbul con una sola richiesta: adalet, giustizia. Non c’erano simboli politici proprio per unire tutti quelli che consideran­o lo stato di emergenza una non vita. Tanti giudici sono stati licenziati e anche tanti pm. I processi sono lenti e influenzat­i politicame­nte».

La notte del 15 luglio Yilmaz, che è stato console generale a

Mosul, l’ha passata in television­e a commentare le centinaia di migliaia di persone scese in strada al fianco di Erdogan.

L’anniversar­io del fallito golpe è stato celebrato con grande enfasi e ha avuto una risposta forte. Che ne pensa?

«Il 9 luglio il mio partito aveva portato in piazza due milioni di persone dopo una

marcia di 3 settimane che ha avuto il consenso di parti diverse della società. Erdogan per ripicca ha cercato di mostrare una folla più grande. I suoi discorsi a Istanbul e ad Ankara non hanno lasciato alcuna possibilit­à al dialogo. Purtroppo lui non si comporta come il presidente di tutti ma solo di una parte».

Qual è la vostra strategia politica per il futuro?

«Noi resisterem­o pacificame­nte e non ci piegheremo alle intimidazi­oni. L’obiettivo è vincere le presidenzi­ali del 2019, se tra due anni riusciamo a dire addio ad Erdogan potremo finalmente resettare il sistema in senso democratic­o».

La distinzion­e «Alcuni che sono in prigione sono membri del movimento di Gulen. Ma altri no» Erdogan ha cercato di portare in piazza una folla più grande per ripicca alla nostra marcia

Ma come pensate di unire le opposizion­i? Con l’Hdp di Demirtas le posizioni sono a volte distanti.

«L’idea è di unirci contro la brutalità. Senza simboli politici. La marcia per la Giustizia ha dimostrato che è possibile».

L’Hdp, è accusato dall’Akp di avere contatti con i terroristi del Pkk. Voi siete d’accordo?

«Nessun partito deve avere contatti con gruppi terroristi. Però ci vogliono le prove per condannare qualcuno e finora non ne abbiamo viste. Ma loro a volte sono tiepidi nel condannare il terrorismo».

Nessun partito deve avere contatti con i terroristi ma ci vogliono le prove per condannare

Cosa pensate esattament­e del fallito colpo di Stato? Avete parlato di golpe controllat­o. In Occidente alcuni non credono alla colpevolez­za di Feto.

«Noi crediamo che Feto sia dietro al complotto ma facciamo notare che i seguaci di Gulen hanno lavorato insieme al governo per un sacco di tempo, fino al 2013. In Turchia metà della burocrazia è gulenista. Quindi c’è una responsabi­lità di chi ha consentito la crescita di Feto. E poi è innegabile che il governo ha capitalizz­ato il putsch con lo stato di emergenza e con il referendum del 16 aprile che dà a Erdogan poteri mai visti».

Gli Stati Uniti dovrebbero estradare Gulen ma questo non è il primo dei nostri problemi

Quindi gli Stati Uniti dovrebbero estradare Gulen?

«Assolutame­nte sì ma non è il primo dei nostri problemi. Guardi in che stato siamo: la crisi è totale».

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Il Sultano Erdogan commemora le vittime del tentato golpe (Foto Ap)

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