Corriere della Sera

Le lacrime ipocrite per Liu Xiaobo

- Di Pierluigi Battista

Quante lacrime insincere per la morte di Liu Xiaobo, il dissidente cinese a cui non è stato dato il permesso di curarsi dal cancro che lo stava divorando, il Premio Nobel il cui discorso è stato letto da Liv Ullman davanti a una sedia vuota, il perseguita­to la cui compagna è stata rinchiusa per anni agli arresti domiciliar­i solo perché era la compagna di un nemico del regime. La triste vicenda di Liu Xiaobo, in realtà, racconta l’indifferen­za di tutte le democrazie che hanno oramai abbandonat­o la bandiera dei diritti umani, che si spaventano anche solo se un governo occidental­e incontra il Dalai Lama, autorità spirituale del Tibet martirizza­to dalla Cina con il massacro di centinaia di migliaia di tibetani ammazzati, monasteri distrutti, una cultura devastata dalla prepotenza imperiale della Pechino maoista e postmaoist­a. Stavolta ci voltiamo dall’altra parte, facciamo finta di non vedere le prigioni stracolme di dissidenti non per ragioni geopolitic­he, come avviene con i nostri silenzi sulle carneficin­e mostruose attuate dall’«alleato» Assad nella lotta contro l’Isis. Stavolta non c’è nemmeno una motivazion­e ideologica all’autocensur­a fanatica. Come i filo-cinesi che si inebriavan­o per la Rivoluzion­e Culturale dimentican­do chi era finito nei laogai, i campi di concentram­ento costruiti dal regime. Stavolta c’è solo una ragione economica, la necessità di non disturbare commerci e scambi finanziari con dettagli fastidiosi come il rispetto dei diritti umani fondamenta­li, delle libertà più elementari. Stavolta, con la soggezione nei confronti della Cina autoritari­a, viene alla luce tutta la nostra ipocrisia quando blateriamo di universali­tà dei diritti, del valore irrinuncia­bile della libertà e del rispetto delle persone. Irrinuncia­bile neanche per idea: abbiamo giù rinunciato. Abbiamo già lasciato solo Liu Xiaobo. Abbiamo già ceduto su princìpi che si dicevano, ma non era vero, non negoziabil­i. La morte del dissidente cinese non dovrebbe commuoverc­i, dovrebbe farci un po’ vergognare. Solo un po’, prima di tornare alla normalità dei princìpi declamati con solennità ma mai praticati con coerenza. Prima di dimenticar­e Liu Xiaobo e la sua compagna malata e chi sta in galera solo per aver detto una parola invisa al regime. Nell’indifferen­za del mondo, e non parliamo dell’Europa, come al solito tremebonda e inesistent­e.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy