Corriere della Sera

Garozzo, il fioretto è pronto a infilzare il Grande Slam

Olimpionic­o e campione europeo: «Voglio il Mondiale»

- Flavio Vanetti

«Non ci credo!», è la prima cosa che ha detto, in ginocchio, per poi parlare di «una medaglia che vale come un oro»; dedicarla «a me stesso, a mia mamma Liberata, casalinga, a papà Gabriele, operaio, e alla mia terra»; ricordare che «questo è un successo iniziato a 4 anni con Oscar Bertone (il c.t. azzurro, ndr) e Ljubov Barsukova (l’allenatric­e ucraina, però da fasi sofferte. Non è sempre vero, infatti, che un grande successo è un trampolino: il lancio va poi completato. «Rio mi ha dato un senso di sicurezza. Ma subito dopo mi ha presentato un conto negativo: non ingranavo più. Ho capito come fare: dovevo recuperato ndr)»; rivelare infine che, come per la Bertocchi, anche qui ha avuto un ruolo importante Tania Cagnotto, con la quale Giovanni ha pure partecipat­o a un talent tv sul ballo: «Alla vigilia le ho scritto per chiederle se anche a lei passavano tante cose in testa prima delle finali. Mi ha dato i consigli giusti». I giovani eredi hanno già eletto Tania loro guru: pare funzioni. gli stimoli». Questa è la sintesi di un percorso non semplice, nel quale ha inciso pure il lavoro con Chiara Santi, psicologa di Frascati dove Daniele è ormai di base («Aveva cominciato a seguirmi quando ero solo il numero 70 al mondo, a lei devo tanto»). Il problema Gioia Daniele Garozzo esulta dopo l’oro europeo vinto in giugno a Tbilisi (Ap) non erano gli allenament­i, ma quello che li precedeva e li seguiva. «Questione di fame: era una mia caratteris­tica e l’avevo persa».

In queste casi serve solo mettere la testa nello scatolone, avere pazienza e lavorare. Unica eccezione: lo studio. «Non sono campione olimpico in medicina: sono al terzo anno, dovrei essere più avanti. Ma dopo l’Europeo ho rinunciato alle vacanze per dare l’esame di anatomia-2». È un tema sentito da Daniele, che assieme a Niccolò Campriani, l’uomo infallibil­e della carabina, si batte da tempo sulla necessità che gli atleti eccellenti siano seguiti da tutor. Ma per ora tutto è, italianame­nte, vano. «Un protocollo è pronto, però non viene varato. Io sono un privilegia­to perché l’Università di Tor Vergata mi dà una mano: ma tutti devono avere una chance». È il secondo aspetto del post Rio che

Dopo Rio avevo meno fame di vittoria: l’ho ritrovata e sono pure migliorato grazie ai consigli di mio fratello. Non mollo mai: anche nelle giornate buie puoi girare il destino

non gli è piaciuto. Ce n’è un altro, a voler vedere: si aspettava di più alla voce «personaggi­o». «Non è una questione di soldi — spiega —, ma di consideraz­ione, anche perché ci alleniamo ben di più di chi, in altri sport, è strapagato. Però è anche vero che desidero essere riconosciu­to non per una pubblicità o per una comparsata in tv, ma in quanto campione: per questo ho preferito non distrarmi e lasciare perdere certe opportunit­à».

Il fiorettist­a, allora. Abbiamo lasciato il discorso interrotto. Perché Daniele Garozzo è migliorato? «Perché ho aggiunto, grazie ai consigli di mio fratello Enrico, spadista, una fase difensiva che mi completa». Enrico sarà a sua volta in pedana a Lipsia e ci sarà pure Alice Volpi, fiorettist­a, fidanzata di Daniele. Un Mondiale in famiglia, basato su due concetti chiave: «Primo: il senso di forza che avverto; non faccio più calcoli, tiro e basta. Secondo: per andare avanti in un torneo, la vittoria deve ancora lasciarmi stupefatto».

Fermarsi ed esitare non è invece contemplat­o: «Mi lancio comunque. Anche nelle giornate buie si può girare il destino. E io non mollo nemmeno un’unghia».

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