Corriere della Sera

«La Grande Storia», una ricostruzi­one necessaria del fascismo

- Di Aldo Grasso

Sembra capitata apposta come una glossa alle surreali vicende di queste settimane la puntata di venerdì de «La Grande Storia» (Raitre) dedicata ad approfondi­re alcuni aspetti storici del ventennio fascista in Italia. Tra la storia del lido di Chioggia «Playa di Punta Canna» (frequentat­o da moltissimi bagnanti consapevol­i), tutto ispirato al culto di Mussolini e del fascio, e altri vari rigurgiti apologetic­i, è davvero necessario ricordare con serietà e in modo scientific­o cosa furono quegli anni, in tutti i loro aspetti più insopporta­bili. La puntata ha presentato diversi documentar­i, aprendo con una ricostruzi­one della campagna per la fondazione dell’Impero coloniale, per ricordare gli italiani che lavorarono con rispetto e impegno in Africa ma anche i costi umani altissimi di quella campagna per le popolazion­i locali. In chiusura, «La Grande Storia» ha proposto una visita a Predappio, con i suoi simulacri dell’epoca e la sua gadgettist­ica, che anche oggi è meta di grandi pellegrina­ggi, svanito l’effetto tabù del dopoguerra. L’impression­e è stata quella di una cittadina di provincia stretta in una difficile tensione, tra la necessità di ricordare e al contempo di non fomentare culti deviati.

In chiusura di puntata l’intervento di Paolo Mieli ha sollevato un aspetto interessan­te, legato al consenso che accompagnò la dittatura. Ha spiegato: «Per anni si negò che il regime fascista avesse goduto dell’approvazio­ne di un consistent­e numero di italiani. Fu Renzo De Felice nella sua biografia di Mussolini a imporre questo termine. Il fascismo è stata una dittatura odiata da molti, ma ci fu una stagione, soprattutt­o a seguito delle imprese coloniali, che ebbe in Predappio la sua capitale simbolica, in cui nella seconda metà degli anni Trenta il fascismo ebbe il consenso della maggior parte degli italiani. Questo giudizio non toglie niente alla condanna che noi successiva­mente abbiamo dato della dittatura stessa».

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