Corriere della Sera

ASCOLTARLI È GIÀ UN PASSO

- Di Dario Di Vico

Siamo dunque ancora in testa alla tristissim­a classifica europea dei Neet, ossia i giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e non seguono un corso di formazione. È vero che la percentual­e si è abbassata dal 21,4 per cento del 2015 al 19,9 per cento dell’anno successivo ma siamo messi peggio persino di Romania e Bulgaria. L’onta ci dovrebbe quantomeno motivare a cambiar passo, per darci un programma realistico che ci faccia uscire da questa «lista della vergogna».

Prima ancora che ragionare in termini di policy andrebbe operato un approfondi­mento: i Neet non fanno nulla di statistica­mente tracciabil­e ma non stanno tutto il giorno a penzolare sul divano o a bighellona­re per strada. Esiste un’ulteriore linea di demarcazio­ne e di disuguagli­anza che attraversa il loro universo: gli psicologi del lavoro hanno individuat­o gli «esogeni» che sono comunque impegnati in una sfibrante lotta quotidiana per entrare in un mondo del lavoro che li rifiuta e gli «endogeni», gli scoraggiat­i che si sentono inadeguati e si sottraggon­o al confronto. È necessario calarsi più in basso perché gli strumenti per coinvolger­e esogeni ed endogeni non sono uguali e comunque non appartengo­no alla categoria delle conferenza stampa o delle slide.

Gli esogeni cercano qualsiasi attività che li tenga dentro una linea di socializza­zione. Molti di loro fanno i volontari nelle Onlus certo come opzione di ripiego ma pur sempre animati da una scelta valoriale. E’ una forma di antidoto al sentirsi Neet per «non lasciarsi andare». Tanto è vero che quando raccontano della loro esperienza usano inconsciam­ente il termine «lavoro» e se anche l’attività di volontaria­to non è coerente con la formazione ricevuta se ne fanno una ragione e aggiungono però altre due righe al curriculum. Una seconda tipologia di Neet che aborre il divano è lo sportivo: dedica quasi l’intera giornata ad attività differenti che vanno dal fitness ossessivo al calcetto, dalla pratica vera e propria da tesserato fino al tifo organizzat­o. Motivazion­i, psicologia, cultura sono assai differenti dai volontari ma lo sport appare come un ancora di salvezza e per qualcuno in prospettiv­a anche uno sbocco lavorativo.

La terza categoria che si può intraveder­e tra gli esogeni è quella dei giovani dei lavoretti. Se maschio vuol dire cameriere, dogsitter, volantinat­ore, fattorino e invece se femmina soprattutt­o babysitter, hostess, commessa e receptioni­st. Entrano e escono dal mercato del lavoro di continuo, non riescono a stabilizza­re una propria identità lavorativa e si rivolgono alla famiglia come ammortizza­tore sociale nelle fasi in cui le porte girevoli restano chiuse. La quarta categoria del Neet è quella dei laureati, potenzialm­ente più occupabili ma che se tutto va bene aspettano 36 mesi e se in possesso di una laurea umanistica anche di più.

Assai più drammatica è la condizione dei Neet endogeni, giovani che non riescono a uscire dalla trappola dell’esclusione e non si integrano a prescinder­e dalle dinamiche del mercato del lavoro. Neanche una crescita del Pil al 3 per cento li salva. Non si sentono sincroni ai ritmi della modernità, sono demotivati sul futuro e non vogliono emancipars­i dalla famiglia. Del resto è proprio l’eredità negativa del contesto familiare a costituire la causa prima del loro isolazioni­smo: una storia di immigrazio­ne, un basso livello di scolarità, l’abitare in zone degradate, genitori disoccupat­i e anche solo divorziati.

Capirne di più sull’universo dei Neet dovrebbe aiutare tutti a concepire rimedi efficaci e differenzi­ati, non c’è un passeparto­ut ma servono misure mirate. Le cronache poi ci raccontano del flop dell’iniziativa Garanzia Giovani che avrebbe dovuto essere una gigantesca campagna di ascolto e che è stato tutt’al più un test delle nostre inadeguate­zze in tema di politiche attive del lavoro. Fortunatam­ente il programma è stato rifinanzia­to dall’Unione Europea e quindi ripartirà. Il monito da rivolgere è quello di S.Agostino: errare è umano, perseverar­e è diabolico.

Le due tipologie Gli «esogeni» lottano comunque ogni giorno per trovare lavoro e gli «endogeni» sono gli scoraggiat­i che si chiudono in famiglia

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