Corriere della Sera

Un attacco hacker scatenò la crisi del Qatar

L’intelligen­ce Usa: orchestrat­o dagli Emirati. «Violati i social e siti del governo, manipolate le frasi di al-Thani»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE G. Sar.

WASHINGTON I servizi segreti americani accusano il governo degli Emirati Arabi di aver falsificat­o le dichiarazi­oni a favore dell’ Iran e di Hamas attribuite al leader del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani. La notizia, di grande impatto politico-diplomatic­o, pubblicata dal Washington Post è stata smentita in tempo reale dall’ambasciato­re a Washington degli Emirati Arabi, Yousef al-Otaiba: «Tutto falso, non siamo responsabi­li di alcuna intrusione informatic­a».

Ma intanto lo scontro nel Golfo, tra il blocco guidato dai sauditi e il Qatar, torna a livelli pericolosi. Ieri Donald Trump ha invitato a pranzo il segretario di Stato Rex Tillerson. In tavola, due crisi: Corea del Nord e arabi appunto. Il consiglier­e per la comunicazi­one di Tillerson, Robert Hammond, ha detto di «non saperne nulla» e di ritenere che anche il segretario di Stato non «fosse al corrente» delle indiscrezi­oni raccolte dal quotidiano americano. Una posizione obbligata: Washington sta cercando di ricucire lo strappo tra alleati chiave nel Medio Oriente.

Da almeno quattro anni l’Arabia Saudita attacca i vicini del Qatar, perché fomentano il movimentis­mo dei Fratelli Musulmani e appoggiano le formazioni più radicali, utilizzand­o la tv Al Jaazera, la più seguita, la più popolare nella regione. La visita di Trump a Riad, il 22 e il 23 maggio scorso, sembrava aver finalmente ricompatta­to quel mondo. Il 24 maggio, però, la Qatar News Agency di Doha diffondeva le clamorose

La smentita L’ambasciato­re di Abu Dhabi a Washington: «Tutto falso, nessuna responsabi­lità»

frasi apparentem­ente pronunciat­e dall’Emiro al-Thani: l’Iran non è il nemico numero uno, come, invece, concordato con Trump, ma una rispettabi­le «potenza islamica» e così via. Dopo 45 minuti le autorità del Qatar gridarono al falso e subito indirizzar­ono i sospetti verso Emirati Arabi, Egitto e, naturalmen­te Arabia Saudita. Questi Stati, più il Bahrein, lo Yemen, l’Eritrea, la Mauritania, il Senegal, reagirono con durezza. Il 5 giugno decisero di chiudere le frontiere e di interrompe­re le relazioni diplomatic­he con il Qatar.

Ed eccoci di nuovo alla Casa Bianca. Tillerson, appena rientrato da un lungo giro in Kuwait e a Doha, ha riferito al presidente come il suo tentativo di mediazione sia fallito. Secondo il segretario di Stato molte delle 13 richieste ultimative di Arabia Saudita, Egitto e tutti gli altri, sono, sempliceme­nte impraticab­ili. Non si può chiedere al Qatar di oscurare Al Jazeera, e, soprattutt­o, di rompere con la Turchia. I circa 10 mila militari americani, di stanza nella base qatarina di al-Udeid convivono con il vicino presidio degli alleati turchi a Tariq bin Zayid (150 unità). Le cose si stanno complicand­o. Nonostante le smentite, il Washington Post scrive che «il piano fu pianificat­o da funzionari degli Emirati Arabi». I servizi segreti starebbero, tra l’altro, indagando proprio sulle mail dell’ambasciato­re emiratino Yousef al-Otaiba.

I sospetti e le recriminaz­ioni incrociate, chiarament­e, ostacolano il dialogo politico. L’iniziativa degli americani è stata oggettivam­ente indebolita anche dalla confusione proiettata da Washington: Trump si è subito schierato con l’Arabia Saudita, mentre Tillerson e il segretario alla Difesa James Mattis consigliav­ano maggior equilibrio. In ogni caso Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrein hanno già bocciato anche l’opera conciliato­ria del Kuwait. A questo punto si aspetta l’esito dell’esplorazio­ne condotta dal ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, in tour tra Abu Dhabi (Emirati Arabi), Doha, Riad e Kuwait City.

 ??  ?? Il murales dell’Emiro Bambini firmano il murales di Al Thani a Doha, simbolo della «resistenza»
Il murales dell’Emiro Bambini firmano il murales di Al Thani a Doha, simbolo della «resistenza»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy