Condannare entrambi senza classifiche
Caro Aldo, la proposta di legge contro l’apologia del fascismo un merito almeno l’ha avuto: ha dato voce a quanti ritengono che i totalitarismi del XX secolo siano imparagonabili in quanto a efferatezze. Il comunismo è stato fin dall’ottobre del 1917 (direttive di Lenin alla Ceka) un progetto di genocidio sociale e ideologico (i calcoli sui milioni di morti oscillano). Stalin e Mao hanno portato avanti il «progetto» e Pol Pot, con lo sterminio di un terzo del popolo cambogiano, l’ha manifestato al mondo in tutta la sua crudezza. Spiace ribadire queste quasi ovvietà.
Aldo G. Ricci, Roma Caro Aldo, è proprio così difficile condannare nazismo, fascismo e comunismo, senza classifiche? Altrimenti le dovrei ricordare che Stalin prese un Paese agricolo e lasciò una potenza nucleare con un impero che andava dalle Kurili a Lubiana (non a caso Putin lo tiene in grande considerazione); ciò non toglie che sia stato uno dei peggiori criminali che la storia abbia conosciuto, e più in generale che il comunismo, ovunque sia andato al potere, si sia retto su campi di prigionia, polizia politica ed eliminazione degli oppositori.
DEPUTATE USA
«È più semplice sbracciarsi che rimboccarsi le maniche» Sono sono una studentessa ventiduenne e scrivo in merito al «venerdì senza maniche», la protesta delle parlamentari Usa. Se è vero che nasce contro una regola retrograda che andrebbe eliminata, l’iniziativa mostra il distacco fra i luoghi dell’esercizio del potere e la società reale ed è lo specchio di un Occidente che cerca nuovi diritti, talvolta originali, invece di impegnarsi a tutelare quelli acquisiti. Le parlamentari avrebbero potuto usare il loro ruolo e la loro visibilità per far luce su altri problemi: per dirne uno, la condizione dei migranti. E se pure il gesto è il tentativo di mobilitarsi contro una società in cui nascere donna può essere un ostacolo, davvero denudare le braccia ha loro permesso di centrare l’obiettivo? Ma forse sbracciarsi è solo più semplice che rimboccarsi le maniche. Sofia Giancontieri
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Caro Aldo,
in questi giorni si sono svolti in Polonia i campionati europei di atletica leggera under 23. L’Italia ha conquistato tre medaglie grazie a due ragazzi di origine etiope e a una ragazza di origine nigeriana. Ma non se n’è accorto quasi nessuno, si è parlato soprattutto del nuovo Mario Balotelli e di Gigio Donnarumma, che ha snobbato la maturità in tutti i sensi per i danè. Bell’esempio!
Caro Aldo,
troppa retorica sulle vittorie degli «italiani d’Africa». Queste persone non saranno mai mie connazionali. Troppi immigrati, troppo buonismo.
Cari lettori,
Se il Balotelli uomo fosse stato all’altezza del Balotelli calciatore, cioè si fosse comportato diversamente, forse lo ius soli sarebbe già legge dello Stato. Nel senso che a volte un personaggio simbolo può dare la spinta necessaria a un provvedimento considerato ormai maturo. Ancora pochi anni fa, la grande maggioranza degli italiani era favorevole a introdurre nuove regole, per cui i giovani nati in Italia da genitori stranieri che però hanno concluso un ciclo scolastico diventano automaticamente italiani. Un principio giusto non diventa sbagliato in base alle contingenze. È vero però che un provvedimento del genere, in questo momento storico, sarebbe a torto o a ragione considerato un segnale di apertura, di accoglienza; in un momento in cui i sentimenti dell’opinione pubblica, come verifico ogni giorno leggendo la posta dei lettori, sono di segno opposto. Un esodo di queste dimensioni non è sostenibile da nessun Paese al mondo, né dal punto di vista logistico, né da quello morale e culturale. Gli sbarchi sono considerati da un numero crescente di italiani come un fatto ostile; e qualsiasi Parlamento non può non tenerne conto. Nello stesso tempo, il ministro dell’Interno Minniti ha messo in campo una serie di iniziative — rapporti con la Libia, coinvolgimento dell’ente Onu per i rifugiati, lavoro di dissuasione nell’Africa subsahariana, nuove regole per le ong, pressioni sui partner europei — che ha bisogno di tempo per dare frutti. Fare il punto tra qualche mese può essere una soluzione ragionevole. In ogni caso, signor Emili, ci sono immigrati che diventano e diventeranno nostri connazionali. Se poi ci danno qualche medaglia nell’atletica che i nostri figli non riescono più a vincere, tanto meglio.