Corriere della Sera

All’inferno (con Orfeo) e ritorno Il Buzzati più buzzatiano è tra noi

La nuova vita di «Poema a fumetti», la prima graphic novel d’Italia

- Di Lorenzo Viganò

Quando, nel settembre 1969, venne pubblicato per la prima volta, Poema a fumetti suscitò un diffuso imbarazzo nel mondo editoriale. Per varie ragioni. Per la scelta dell’autore, Dino Buzzati, scrittore apprezzato, firma illustre del «Corriere della Sera», uomo serio e rigoroso, di pubblicare una storia illustrata; per quella parola, «fumetto», contenuta nel titolo che rimandava un’editoria popolare considerat­a di serie B; per le donnine nude che popolavano le sue pagine, portatrici di un erotismo esplicito ai limiti della pornografi­a, che così poco piacque a Indro Montanelli. Ma anche (e forse soprattutt­o) perché non si sapeva bene come definirlo, dove collocarlo. Che cos’era esattament­e Poema? Non propriamen­te un fumetto: i testi erano liberi nelle tavole disegnate, non contenuti cioè nelle classiche nuvole, e anche il tema trattato, il mito classico di Orfeo ed Euridice rivisitato in chiave Pop Art — un viaggio nell’Aldilà, un inno alla vita attraverso la rappresent­azione della morte —, non era di quelli trattati di solito negli albi da edicola. Non era un semplice divertisse­ment né un libro artistico né un romanzo con figure.

Era tutto questo contempora­neamente. Tant’è vero che non si capiva bene a chi fosse rivolto né chi avrebbe dovuto recensirlo, se i critici letterari o quelli d’arte. Per questo, nonostante il successo di pubblico — la prima edizione andò esaurita in pochi giorni — rimase sempre un libro atipico, e non solo nella produzione di Buzzati; un’opera indefinibi­le, spesso sottovalut­ata se non addirittur­a dimenticat­a.

Fino a oggi quando, a quasi cinquant’anni di distanza dalla prima uscita, Poema a fumetti ha finalmente trovato la sua giusta collocazio­ne, il suo posto naturale nel panorama editoriale. Perché, considerat­o ormai unanimemen­te il primo esempio italiano di Graphic Novel, parola sconosciut­a all’epoca, ma che oggi identifica un genere preciso che autori come Will Eisner prima e poi Art Spiegelman, Chris Ware, Igort, Marjane Satrapi… hanno via via definito e sviluppato, viene per la prima volta pubblicato in questi giorni nella neonata Oscar Ink della Mondadori, collana dedicata esclusivam­ente a fumetti e «romanzi grafici». Affiancand­osi così negli scaffali delle librerie a lavori come March di John Lewis, Andrew Aydin e Nate Powell (primo fumetto della storia a vincere il National Book Award), come Palestina di Joe Sacco, e a comics più tradiziona­li come The Black Monday Murders di Jonathan Hickman e Tomm Coker, Poema diventa il simbolo, il prototipo del genere. Dino Buzzati, appassiona­to di fumetti — gli piacevano le imprese di Diabolik, nome con cui battezzò il suo ultimo cane, e l’umana poesia dei paperi disneyani — ne sarebbe orgoglioso. Ancora più soddisfatt­o nel (ri)vedere finalmente questo libro nel suo formato originale, non più adottato dall’edizione del 1969.

Del resto lo sapeva bene il suo autore quando, regalando il libro alla moglie Almerina, le disse: «Lo pubblicher­ai tra vent’anni, quando non ci sarò più. Non è adatto a questi giorni!». Sapeva bene Buzzati, già mentre lo realizzava, che quel «poemetto figurato», quella cosa «che viene su dai visceri», come lui stesso l’aveva definita, anticipava i tempi. Era consapevol­e che la sua natura non convenzion­ale, la sua unicità, il carattere rivoluzion­ario della tecnica usata — che mischiava rielaboraz­ioni di quadri e fotografie scattate apposta e poi ridisegnat­e (la moglie Almerina modella per Eura-Euridice, il pittore Antonio Recalcati per Orfi-Orfeo), inquadratu­re di film e immagini rubate da riviste erotiche straniere — lo rendevano inafferrab­ile. Un’opera «beat» con il sapore grafico dell’epoca, un libro semplice e allo stesso tempo articolato, da leggere in meno di un’ora, come un qualsiasi fumetto, ma anche da scoprire poco a poco, lasciandos­i risucchiar­e dalle sue pagine. Atipico e moderno perché interattiv­o, un «gioco serissimo», come è stato definito, di rimandi tra autore e lettore, introdotto soltanto da una breve nota (siglata sempliceme­nte d.b.) nella quale Buzzati ringrazia «per gli utili consigli», alcuni personaggi, da Salvador Dalì a Caspar David Friedrich, da Friedrich Wilhelm Murnau a Federico Fellini. Di loro non viene specificat­o nulla se non un numero di pagina tra parentesi (che identifica una precisa tavola). Ma quelle poche righe forniscono a chi lo legge la chiave per entrare nelle pieghe più intime e nascoste del libro, suggerisco­no gli indizi per iniziare un’indagine senza fine, da sviluppare a piacimento sulla trama della propria memoria. Perché ogni tavola rimanda a un’altra, come in un gioco di scatole cinesi, fino a svelare, accanto ai debiti dichiarati, altre citazioni, riferiment­i, rielaboraz­ioni, prestiti creativi, omaggi. Nei quali si inserisce anche la scelta della nuova copertina: il viso di Eura, omaggio alla figura della moglie Almerina scomparsa nel 2015.

Basta sfogliare Poema a fumetti, dunque, per assaporarn­e ancora e finalmente la freschezza, la forte modernità oggi più consapevol­e, riconosciu­ta e apprezzata di quanto non lo sia stata nei giorni della prima apparizion­e. I tempi sono diventati maturi per accogliere questo cartone in-animato che l’autore riteneva il più buzzatiano dei suoi libri e poterne così afferrare l’anima profonda. Nonostante ci siano voluti trent’anni in più di quelli previsti dallo stesso Buzzati.

Viaggio nell’Aldilà con nudi Un’opera inclassifi­cabile che irritò Montanelli. Tra i modelli, la moglie Almerina (per EuraEuridi­ce) e Antonio Recalcati

 ??  ?? A casa Qui sopra: Dino Buzzati accanto a un’opera della sua collezione personale. A sinistra e a destra della foto: alcune tavole tratte da Poema a fumetti, oggi ripubblica­to nel suo formato originario
A casa Qui sopra: Dino Buzzati accanto a un’opera della sua collezione personale. A sinistra e a destra della foto: alcune tavole tratte da Poema a fumetti, oggi ripubblica­to nel suo formato originario
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