Gli zombie di Romero mostri rivoluzionari
Dieci mila dollari per una rivoluzione che dura da 50 anni. Tanto costò La notte dei morti viventi di George Romero, uscito nel 1968 ma ancora vivo sugli schermi e nelle piazze del nuovo millennio, dove lotta insieme a noi. Nato come horror anticonsumistico, ha rilanciato le battaglie civili degli anni 60; ha come protagonista un nero, Duane Jones (suo il provino migliore) nell’anno in cui fu ucciso Martin Luther King; e la scena più forte è quella di una bambina che rosicchia l’osso del padre. Curiosità: nel film non si usava la parola «zombie», esotica e già portata sugli schermi, ma «living dead», cioè «morti viventi», la cui anima non aveva trovato spazio all’Inferno: tutto esaurito! Da allora gli zombie sono diventati una duttile metafora per gli alienati, gli emarginati, le vittime del consumismo, gli uomini tornati lupi tra gli uomini: la nostra cattiva coscienza. Dopo aver danzato nel video Thriller di Michael Jackson, gli zombie hanno invaso il nostro immaginario: in Italia, prima di diventare il tormentone di Grillo contro i vecchi politici, Cossiga chiamava «zombie» Occhetto! Oggi sono una delle maschere di chi è critico verso il capitalismo e si traveste da zombie per «occupare» Wall Street o protestare al G20. Sembrano ispirati da Walking Dead, la serie tv tratta dal fumetto di Robert Kirkman, che però, a detta di Romero, è solo una soap opera, senza critica sociale. Kirkman si è difeso così, con la giusta umiltà: sui vampiri Stephanie Meyer sta a Bram Stoker come lui sta a George Romero sugli zombie. Horror George Romero (1940 – 2017)