Corriere della Sera

«La Chiesa deve dare giustizia alle vittime E non avere più paura»

- G. G. V.

«Questa è la strada che come Chiesa dobbiamo percorrere, anche se per noi è brutto e ci ferisce. Dobbiamo metterci la faccia: il Signore ci ha insegnato a non avere paura, “la verità vi farà liberi”». Il padre gesuita Hans Zollner, teologo e psicologo, dirige il Centro per la protezione dell’infanzia all’università Gregoriana e fa parte della pontificia Commission­e per la protezione dei minori voluta da Francesco. Il massimo esperto vaticano di prevenzion­e, tra l’altro, è cresciuto a Ratisbona.

Padre, qual è la strada?

«L’avvocato Ulrich Weber, che ha presentato la relazione, fu incaricato dal vescovo di Ratisbona Rudolf Voderholze­r di fare luce su tutta la vicenda. Un vescovo coraggioso che ha voluto affrontare anche fatti accaduti ottant’anni fa. Ora sarà travolto dalle polemiche ma d’altro canto è questo ciò che dobbiamo fare per essere giusti e rendere giustizia alle vittime».

Ai crimini pedofili si aggiungono le vittime di pene corporali, com’è stato possibile?

«Io non voglio relativizz­are, ogni caso è di troppo. Però ricordo che più di quarant’anni fa due miei compagni di classe alle elementari mi parlavano degli schiaffi e delle botte che avevano ricevuto in quel liceo. Io ero andato in un liceo pubblico e non era molto meglio: una volta vidi lanciare contro un nostro compagno un mazzo di chiavi, con una rabbia e una violenza spaventose, ed era stato il vicedirett­ore della è professore della Pontificia Università Gregoriana e presidente del Centre for Child Protection gregoriano

scuola».

E cosa accadde?

«Niente. In quell’epoca non era più una cosa abituale, nella società, ma neppure così estranea. Se accadeva qualcosa del genere spesso nessuno pensava di denunciarl­o, come giustament­e accadrebbe oggi, anche i genitori lo sapevano».

Si parla di oltre cinquecent­o casi e, in particolar­e, di 67 abusi sessuali…

«Non ho potuto leggere per intero le 440 pagine del rapporto ma da quello che ho visto tra i responsabi­li ci sono sia sacerdoti sia educatori laici…».

Nella relazione si accusa il cardinale Gerhard Müller, quand’era vescovo ancora nel 2010, di non aver fatto abbastanza per arrivare alla verità. Di recente il Papa lo ha sostituito al vertice dell’ex Sant’Uffizio. E c’è chi fa notare la coincidenz­a con l’uscita imminente del rapporto: c’entra qualcosa?

«Io non credo proprio. Al cardinale non è

stato rinnovato l’incarico allo scadere del mandato di cinque anni. E del resto da noi, in Germania, nella stampa e nell’opinione pubblica girava già da anni l’accusa di non aver dato il via all’indagine e fatto quel che avrebbe potuto».

Lei che ne dice?

«Che il cardinale Müller è stato molto più in linea con la cosiddetta “tolleranza zero” di quanto non si sappia o si dica. Se un sacerdote come Don Inzoli, in Italia, è stato spretato, lo si deve alla sua azione. In questi casi ha voluto andare fino in fondo e proseguito questa strada con determinaz­ione. I processi contro i preti pedofili prendevano troppo tempo e lui si lamentava di questo».

E le accuse a Georg Ratzinger di essersi voltato dall’altra parte?

«Monsignor Ratzinger era il direttore del coro, non della scuola. Sono due cose diverse. Ma spesso le cose non vengono riportate correttame­nte».

E adesso che succederà?

«Non sono un profeta, ma ciò che è successo nel 2010 ha dimostrato che la Chiesa vuole agire in maniera seria e onesta. Hanno messo sul tavolo tutti i casi e i numeri, sapevano quel che sarebbe saltato fuori. Hanno dimostrato che non volevano più fare le cose di nascosto ma agire in modo trasparent­e, guardare in faccia ciò che è accaduto nel passato. E sa che cosa è successo?».

Cosa?

«Che gli studenti nel collegi non sono diminuiti. La gente oggi ha fiducia nel nostro impegno, ha visto che abbiamo imparato e agito per prevenire ogni forma di abusi. Conosco genitori che hanno visto l’azione della Chiesa e non hanno trasferito i loro figli altrove. Ecco, io penso che nel medio-lungo periodo proprio queste inchieste sul passato, la volontà di fare luce senza paura, renderanno credibile il nostro impegno nella prevenzion­e».

La gente oggi ha fiducia nel nostro impegno, ha visto che abbiamo imparato e agito per prevenire ogni forma di abusi

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