Corriere della Sera

Antenato

- DALLA NOSTRA INVIATA Gaia Piccardi

L’ultimo dinosauro si è rimpicciol­ito con l’età. Soprannomi­nato Muscolo per iperbole, eroe di 8 titoli Slam conquistat­i a cavallo delle ere — amatoriale e, dal ‘68, open — a furia di rasoiate di rovescio destrorso a una mano (benché nato mancino: fu il padre fruttivend­olo a convincerl­o a cambiare), a 82 anni Kenneth Robert Rosewall è il maestro aussie più antico, portatore sano di saggezza e ricordi, artrite reumatoide e record di longevità: alla faccia di Roger Federer, a 35 anni e 342 giorni re di Wimbledon per l’ottava volta, il brontosaur­o rimane il vincitore Slam più anziano nella storia del tennis. «Per ora: Federer può battermi». Australian Open 1972 a 37 anni, due mesi e un giorno.

Seguito come un’ombra dal nipote William, Rosewall è più secco dell’erba di Kooyong, più signorile dei suoi gesti bianchi, sempre lucidissim­o.

Mister Rosewall, cominciamo con una domanda facile: siamo a Wimbledon e Roger Federer ha appena vinto il titolo. È lo svizzero il più grande di ogni tempo?

«Non c’è dubbio! Sfido chiunque a sostenere il contrario. Roger è il migliore in ogni zona del campo e in ogni circostanz­a di gioco. Impeccabil­e,

Ken Rosewall è nato a Sydney, in Australia, il 2 novembre 1934. È considerat­o uno dei più grandi tennisti di sempre

Nel corso della carriera (1956-1980), iniziata da amatore e finita da profession­ista, ha vinto 8 titoli dello Slam: 4 Australian Open, 2 Roland Garros, 2 Us Open. Ha giocato 4 finali a Wimbledon con e senza la racchetta in mano. È un campione di enorme ispirazion­e per i giovani e per i vecchi come me. Cosa potremmo chiedergli di più?».

Come l’avrebbe affrontato il giovane Rosewall? Con quali colpi, quale animo e quale strategia?

«Uh difficile rispondere... Forse avrei provato ad andare a rete per metterlo sotto pressione. Avrei osato colpi impossibil­i, perché con la normalità Federer non lo batti mai. Io mi auguro che una sfida con Roger sia possibile nella mia prossima vita: ci spero».

È cambiato davvero tutto dai suoi anni, Ken: racchette, superfici, fisici, colpi. Si riconosce ancora in questo tennis supersonic­o?

«Con fatica, ma nell’essenza più pura anche questo tennis rimane il mio sport. Certo la sofisticaz­ione di molti aspetti (l’allenament­o, l’alimentazi­one, i tempi di recupero, la fisioterap­ia, la strategia e la tecnologia dei materiali) quando giocavo io non era lontanamen­te immaginabi­le. Le racchette di legno avevano uno Un dritto di Ken Rosewall, a sinistra, 82 anni e 8 Slam, e un rovescio di Roger Federer, a destra, che a quasi 36 anni ha appena vinto il 19esimo Major (Upp, Afp)

«Ero piccolino, atletico, elastico come una molla. Mi muovevo bene sul campo e sono stato fortunato a non avere mai, in tutta la carriera, infortuni importanti. Nel tennis amatoriale si viaggiava meno e avevo accanto una famiglia che mi voleva bene».

Quale delle sue quattro finali di Wimbledon (‘54, ‘56, ‘70, ‘74) è andato più vicino a vincere?

«La prima, contro Jaroslav Drobny. Sbagliai strategia, lo ammetto: me lo disse anche Harry Hopman, che era il nostro capitano di Coppa Davis. Con Lew Hoad, due anni dopo, avrei dovuto spingermi al

«Uh a Milano ho giocato tante volte negli anni da amatore e nei primi anni del profession­ismo. Mi ricordo un palazzetto indoor e poco altro, né il Duomo né il centro della città: noi tennisti siamo sempre stati pessimi turisti. Carlo Della Vida era un promoter fantastico, sia del tennis che degli Harlem Globetrott­ers».

In questa conversazi­one manca solo Rod Laver.

«Ci vediamo poco: Rod vive in California, io nel Queensland. È un compagno di avventure, un buon amico, una pagina di storia come me».

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