Corriere della Sera

Abbiamo Fede

- Di Massimo Gramellini

Gli aggettivi per definirla sono finiti da tempo e molto prima di lei, che non finisce mai. Come Valentino Rossi, come Roger Federer, come tutti i fuoriclass­e che sono tali proprio perché hanno un’ossessione nel cuore. Non a caso le sue prime parole dopo l’impresa sono state: «Mi sento finalmente in pace con me stessa».

I tecnici ci spiegheran­no le ragioni per cui Federica Pellegrini ha vinto la sua terza medaglia d’oro mondiale sulla soglia dei trent’anni e contro una nuotatrice più giovane e forte. Ma noi che tecnici non siamo, e nelle gesta dei campioniss­imi cerchiamo qualche suggestion­e utile alle nostre piccole maratone esistenzia­li, siamo rapiti dalla personalit­à di questa donna. Una donna completa, che ha modellato il suo corpo da atleta senza mai rinunciare a essere femmina e con un carattere capace di fragilità improvvise e altrettant­o improvvisi recuperi, come quello che ieri l’ha vista rimontare in una manciata di metri dalla quarta alla prima posizione, riportando alla memoria dei meno giovani la vittoria olimpica di Pietro Mennea.

Vivere in rimonta è la condizione di coloro che, non sapendo che certe cose sono impossibil­i, riescono a farle. C’è un momento durante la gara in cui senti di avere esaurito le forze, ha raccontato una volta Alex Zanardi. L’atleta normale si lascia andare. Il campione invece fa ancora un passo, una bracciata, una pedalata. E ritrova magicament­e le energie che immaginava perdute. Funziona nello sport e persino nella vita. A qualsiasi età.

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