Navi militari, aerei e droni Così pattuglieremo la Libia
Migranti Accordo tra Gentiloni e Sarraj. La Corte Ue gela l’Italia
Per fermare le partenze dei migranti dalla Libia l’Italia sta organizzando una missione militare con navi, aerei, elicotteri e droni, che potrebbe impegnare fino a mille uomini. La decisione arriva dopo l’intesa tra il premier italiano Gentiloni e quello di Tripoli Sarraj. La Corte di Giustizia Ue gela le speranze di Roma su deroghe al trattato di Dublino.
Si parla di Croazia ma potrebbe essere Italia: l’applicazione del regolamento di Dublino (nella terza riscrittura in vigore dal 2014) non ammette nessuna deroga pur in presenza di flussi migratori eccezionali: competente a valutare le domande d’asilo è il Paese di ingresso, non il destinatario della richiesta. Il principio affermato da una sentenza della Corte europea di Giustizia non aiuterà gli sforzi di Roma per coinvolgere nell’accoglienza gli altri Paesi Ue.
La Corte era chiamata a pronunciarsi sui casi di un cittadino siriano e di due famiglie afghane entrate nel territorio dell’Unione europea dalla frontiera croata (provenienti dalla Serbia) nel 2015-2016. Il primo ha fatto richiesta di asilo in Slovenia, i secondi in Austria. Ebbene, i giudici europei stabiliscono che la competenza a «esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che hanno attraversato in massa la sua frontiera» spetta alla Croazia e non ad altri. Detto che Zagabria aveva anche organizzato il trasporto dei richiedenti asilo verso i Paesi destinatari della domanda, l’analogia con l’Italia del 2017 sembra scontata. Ma il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, dice: «La sentenza non coinvolge la fattispecie che affrontiamo in Italia, ovvero l’attraversamento illegale della frontiera via mare e il soccorso in mare».
Accolte dunque dalla Corte europea le ragioni di Austria e Slovenia che avevano respinto le domande di asilo, rinviando la competenza al Paese d’ingresso (la Croazia). L’Avvocato generale sosteneva invece la tesi secondo la quale questi profughi erano stati trasportati dalle autorità croate negli altri due Paesi, che inizialmente li avevano accettati. Quindi l’ingresso in Slovenia e Austria non era stato illegale, ma concordato con Zagabria proprio in forza dell’emergenza che era vissuta allora nei Balcani. «Si tratta di una sentenza burocratica, che si attiene a un’interpretazione formale del regolamento di Dublino», commenta Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione.
I giudici scrivono inoltre che anche le scelte umanitarie di singoli Stati membri vanno
attentamente vagliate. Se da un lato infatti la presa in carico dei richiedenti asilo «può essere facilitata dall’utilizzo da parte di altri Stati membri, in uno spirito di solidarietà, della “clausola di sovranità” che consente loro di decidere di esaminare domande di protezione internazionale ad essi presentate, anche quando tale esame non competa a loro», dall’altro il trasferimento di un profugo «verso lo Stato membro competente non deve essere eseguito se, a seguito dell’arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di Paesi non Ue intenzionati ad ottenere una protezione internazionale, esiste un rischio reale che l’interessato subisca trattamenti inumani o degradanti in caso di realizzazione di tale trasferimento».
Un limite alla solidarietà nell’interesse dei profughi.