Corriere della Sera

Al Senato i numeri già non tornano Sulla carta sono solo 146 i voti a favore

- Giuseppe Alberto Falci

ROMA La legge Richetti a Montecitor­io è stata approvata velocement­e, ma al Senato il suo cammino è ancora lungo. Se ne riparlerà forse a settembre. Il tutto infatti è appeso a una serie di incognite: alcuni decreti da smaltire (banche, concorrenz­a) e, soprattutt­o, l’inizio della sessione di bilancio. Ecco perché in queste ore nei corridoi di Palazzo Madama il refrain è di questo tenore: «Ci penseremo a tempo debito». Non a caso Miguel Gotor, senatore di punta di Mdp-Articolo 1 (16 membri) sorride: «La legge Richetti? Non ho seguito. Risentiamo­ci a Natale...». Di certo il provvedime­nto uscito da Montecitor­io potrà contare sul sostegno del Pd (99), del M5S (35) e della Lega Nord (12). La somma dei tre gruppi raggiunge quota 146, al di sotto della maggioranz­a assoluta, pari a 161. Un numero che preoccupa il Pd di Matteo Renzi anche perché potrebbero registrars­i una serie di defezioni. Una è già nota ed è quella di Ugo Sposetti.

Attraversa­ndo l’emiciclo il consenso si restringe e le perplessit­à sull’iter della legge aumentano. Karl Zeller, che guida «Per le autonomie», un drappello di 16 senatori, si esprime così: «Il testo è palesement­e incostituz­ionale. Tutti noi speriamo di cambiarlo. Alla Camera cercano di fare bella figura e poi noi poveri senatori siamo costretti a rimediare ai loro errori. Meno male che c’è il bicamerali­smo. Se resta così non lo voteremo». Poi c’è chi, come Lucio Barani, presidente di Ala (14 senatori) e socialista nel cuore, scomoda Pietro Nenni: «Quando la democrazia diventa un costo siamo alla vigilia della dittatura». Il gruppo al Senato di Denis Verdini si opporrà strenuamen­te al provvedime­nto a meno che, annota Barani, «non restituisc­ono i diritti tolti ai cittadini: ad esempio, se avessi continuato a fare il medico sarei certamente diventato primario. Mi ridaranno il titolo di primario?». Nessuno osa sbilanciar­si. Loredana De Petris, che guida il Misto (30 senatori), afferma: «Da settembre qui al Senato avremo tante cosa da fare. Qui i numeri sono ben altri». Gaetano Quagliarie­llo, presidente di Federazion­e della Libertà (10), la mette così: «Non avremo un atteggiame­nto pregiudizi­ale». Anche Alternativ­a popolare (25 senatori), che alla Camera ha votato contro, attende e non svela le carte. La presidente Laura Bianconi ritiene che nella legge Richetti ci siano alcune criticità da approfondi­re, ma prima di ogni cosa in Senato si dovranno affrontare «i decreti in scadenza, la legge di Stabilità e quella elettorale che ci auguriamo parta da qui». Rimane un dubbio: la posizione di Forza Italia (44 senatori) che a Montecitor­io non ha partecipat­o al voto. Nonostante il contesto, Luigi Di Maio (M5S) è sicuro del risultato: «Al Senato ce la possiamo fare: si può creare un consenso sulla legge».

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