Al Senato i numeri già non tornano Sulla carta sono solo 146 i voti a favore
ROMA La legge Richetti a Montecitorio è stata approvata velocemente, ma al Senato il suo cammino è ancora lungo. Se ne riparlerà forse a settembre. Il tutto infatti è appeso a una serie di incognite: alcuni decreti da smaltire (banche, concorrenza) e, soprattutto, l’inizio della sessione di bilancio. Ecco perché in queste ore nei corridoi di Palazzo Madama il refrain è di questo tenore: «Ci penseremo a tempo debito». Non a caso Miguel Gotor, senatore di punta di Mdp-Articolo 1 (16 membri) sorride: «La legge Richetti? Non ho seguito. Risentiamoci a Natale...». Di certo il provvedimento uscito da Montecitorio potrà contare sul sostegno del Pd (99), del M5S (35) e della Lega Nord (12). La somma dei tre gruppi raggiunge quota 146, al di sotto della maggioranza assoluta, pari a 161. Un numero che preoccupa il Pd di Matteo Renzi anche perché potrebbero registrarsi una serie di defezioni. Una è già nota ed è quella di Ugo Sposetti.
Attraversando l’emiciclo il consenso si restringe e le perplessità sull’iter della legge aumentano. Karl Zeller, che guida «Per le autonomie», un drappello di 16 senatori, si esprime così: «Il testo è palesemente incostituzionale. Tutti noi speriamo di cambiarlo. Alla Camera cercano di fare bella figura e poi noi poveri senatori siamo costretti a rimediare ai loro errori. Meno male che c’è il bicameralismo. Se resta così non lo voteremo». Poi c’è chi, come Lucio Barani, presidente di Ala (14 senatori) e socialista nel cuore, scomoda Pietro Nenni: «Quando la democrazia diventa un costo siamo alla vigilia della dittatura». Il gruppo al Senato di Denis Verdini si opporrà strenuamente al provvedimento a meno che, annota Barani, «non restituiscono i diritti tolti ai cittadini: ad esempio, se avessi continuato a fare il medico sarei certamente diventato primario. Mi ridaranno il titolo di primario?». Nessuno osa sbilanciarsi. Loredana De Petris, che guida il Misto (30 senatori), afferma: «Da settembre qui al Senato avremo tante cosa da fare. Qui i numeri sono ben altri». Gaetano Quagliariello, presidente di Federazione della Libertà (10), la mette così: «Non avremo un atteggiamento pregiudiziale». Anche Alternativa popolare (25 senatori), che alla Camera ha votato contro, attende e non svela le carte. La presidente Laura Bianconi ritiene che nella legge Richetti ci siano alcune criticità da approfondire, ma prima di ogni cosa in Senato si dovranno affrontare «i decreti in scadenza, la legge di Stabilità e quella elettorale che ci auguriamo parta da qui». Rimane un dubbio: la posizione di Forza Italia (44 senatori) che a Montecitorio non ha partecipato al voto. Nonostante il contesto, Luigi Di Maio (M5S) è sicuro del risultato: «Al Senato ce la possiamo fare: si può creare un consenso sulla legge».