Mostro di Firenze, si riparte da un ex legionario 87enne I pm indagano su Giampiero Vigilanti, smentiti collegamenti con ambienti eversivi. Lui: «Sono innocente»
A Gaspare Spatuzza, soldato fedele che aveva già partecipato alla strage di Firenze del 1993 e si preparava a far saltare in aria un camion di carabinieri allo stadio Olimpico di Roma (progetto poi fallito), il capomafia Giuseppe Graviano l’aveva detto chiaro: «In Calabria si sono già mossi». A colpi di mitraglietta: la stessa M12 che aveva ucciso due militari dell’Arma — Antonino Fava e Giuseppe Garofalo — e ferito altri quattro in tre diversi agguati fra il 18 gennaio e il 1° febbraio 1994. A sparare andarono due giovani ‘ndranghetisti, uno all’epoca minorenne, che subito dopo l’arresto dissero che trasportavano armi e non volevano essere fermati e controllati; un depistaggio per coprire il disegno che la Procura di Reggio Calabria, nove anni dopo la traccia delle prime dichiarazioni del pentito Spatuzza, ritiene di avere svelato: un patto segreto tra Cosa nostra e ‘ndrangheta, con l’avallo di massoneria e spezzoni di servizi segreti deviati, per aggredire le istituzioni e costringere lo Stato a norme meno severe contro il crimine organizzato.
La presunta trattativa con le istituzioni, insomma, si estende anche alle cosche calabresi, e ieri è arrivato un nuovo ordine d’arresto per il boss stragista Giuseppe Graviano e per il capo ’ndrangheta Rocco Filippone, oggi settantasettenne, che secondo l’accusa all’epoca dei fatti fece da tramite tra i capi dei clan e delle ‘ndrine nelle riunioni riservate in cui si decise il ricatto allo Stato. Un’indagine avviata su impulso della Procura nazionale antimafia al tempo della gestione di Pietro Grasso, basata sulle dichiarazioni di decine di pentiti delle due organizzazioni e sulle indagini della polizia, Servizio centrale operativo e Servizio centrale antiterrorismo; ai mandanti degli omicidi e dei ferimenti dei carabinieri viene contestata anche «la finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico».
Il disegno stragista che doveva condurre alla trattativa fu infatti figlio — secondo questa ricostruzione — dei mutamenti politici che caratterizzarono il biennio 1992-1994, ma in un certo senso cercò anche di orientarli. Perché dopo la fine
L’inchiesta sul mostro di Firenze riparte, a quasi cinquant’anni di distanza dal primo delitto firmato dall’introvabile Beretta calibro 22, da un vecchio nome rimasto per decenni seppellito negli archivi. Si tratta di Giampiero Vigilanti, oggi 87 anni, un ex legionario che vive a Prato ma che è originario di Vicchio, proprio come Pietro Pacciani, il contadino finito sotto processato come l’autore dei 16 omicidi, condannato in primo grado ma assolto in appello, poi morto nel 1998. Vigilanti, appassionato di armi e grande frequentatore del poligono di tiro, negli anni Cinquanta è Giuseppe Creazzo stato arruolato nella Legione straniera. Rientrò in Italia negli anni Sessanta dove ha poi conosciuto il clan dei sardi, finiti anche loro nell’inchiesta sui delitti del mostro. Per gli inquirenti lui potrebbe svelare il mistero del passaggio di pistola tra il clan dei sardi, coinvolti nell’omicidio del ‘68, e Pacciani e i compagni di merende.
L’ex legionario frequentava ambienti di estrema destra. Contro di lui nell’inchiesta del Ros di Firenze ci sono solo indizi, come ha spiegato il procuratore Giuseppe Creazzo: «Continuiamo a indagare senza lasciare nulla di intentato — ha spiegato — ma smentisco categoricamente qualsiasi collegamento con ambienti eversivi. Si tratta di supposizioni suggestive che non hanno alcuna concretezza». Quello che è certo è che il nome di Vigilanti era già finito nell’inchiesta nell’85 quando — tre giorni prima della perquisizione a Pacciani — venne con- Potrebbe svelare il mistero del passaggio di pistola tra il clan dei sardi e Pacciani trollato dopo che alcuni vicini di casa lo segnalarono come un possibile «mostro». «Da accertamenti svolti — si legge nel verbale dei carabinieri dell’epoca — l’uomo poteva identificarsi nel noto mostro di Firenze». In quell’occasione vennero sequestrati diversi quotidiani che riportavano notizie proprio sulla vicenda del Mostro. Nel 1994, dopo una lite con un vicino di casa l’uomo venne nuovamente perquisito. In quell’occasione gli trovarono 176 proiettili calibro 22 di marca Winchester serie H, gli stessi utilizzati dal mostro per uccidere. Il suo nome finì presto nel dimenticatoio. Cinque «Dopo la fine dei partiti tradizionali le cosche cercarono referenti in Forza Italia» anni fa viene ripescato grazie a un esposto dell’avvocato Vieri Adriani, che assiste i familiari di Nadine Mauriot, la francese uccisa a Scopeti nel settembre 1985 con il fidanzato. «Non ho paura di niente, non ho fatto nulla» afferma Vigilanti. Anzi, racconta chi lo conosce, lui sembra affascinato dalla notorietà. Qualche anno fa si era rivolto alla trasmissione di Enrico Ruggeri per raccontare una storia totalmente infondata: uno zio d’America, dopo aver sentito il suo nome sulla Cnn, lo aveva cercato per lasciargli un’eredità milionaria.
Continuiamo a indagare senza lasciare nulla di intentato La pistola