Mafia e ‘ndrangheta unite dalle stragi «Così lo Stato scenderà a patti»
L’uccisione nel ‘94 di due carabinieri collegata agli attentati decisi da Cosa nostra
dei partiti tradizionali, sia la mafia che la ‘ndrangheta si misero alla ricerca di nuovi referenti, e i boss dell’isola avevano in testa la creazione di un gruppo chiamato Sicilia Libera. I pm calabresi (il procuratore Federico Cafiero De Raho, l’aggiunto Giuseppe Lombardo e il sostituto Di Bernardo) hanno acquisito e aggiornato l’inchiesta sui cosiddetti «Sistemi criminali» archiviata dai colleghi palermitani, che avevano scritto: «I vertici di Cosa nostra cambiarono cavallo abbandonando il progetto autonomista di Sicilia Libera, poiché ritennero di avere avuto sufficienti garanzie da un nuovo soggetto politico (che in effetti poi avrebbe vinto le elezioni) sicché a questo nuovo movimento, Forza Italia, andò il loro appoggio». All’esito della nuova indagine il pm Lombardo precisa che la strategia stragista «si arresta o si depotenzia non appena i corleonesi, la `ndrangheta e altre organizzazioni criminali trovano nel nuovo partito di Forza Italia la struttura più conveniente con cui relazionarsi».
A confermare questa impostazione sono arrivate le ultime registrazioni dei colloqui in carcere di Giuseppe Graviano, in cui il boss si lascia andare (consapevole o meno di essere intercettato) a espressioni di risentimento nei confronti di Silvio Berlusconi, «al quale rimprovera di non aver rispettato sostanzialmente i patti», sottolinea il giudice nel provvedimento di arresto. Che si sofferma anche sulla «straordinaria anomalia, davvero macroscopica» sull’allentamento del «carcere duro» introdotto dopo le stragi palermitane del 1992 con l’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Se nel ‘92 ci fu una sola revoca e una sola mancata proroga, che nel ‘95 diventarono 2 e 2, nel 1993 si ebbero 122 revoche e 358 mancate proroghe, mentre nei primi mesi del ‘94 ci furono 9 mancate proroghe. Numeri che per il giudice segnano una coincidenza «non casuale» tra le stragi del ‘93 e gli omicidi dei carabinieri di inizio ‘94 con quei provvedimenti, «sintomatici del fatto che lo Stato aveva recepito le rimostranze degli stragisti, che avevano così perseguito con successo il loro obiettivo».
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