Corriere della Sera

Voto digitale, i 24 mila tablet ordinati da Maroni

Referendum in Lombardia

- Pierpaolo Lio

Il referendum (consultivo) per l’autonomia della Lombardia caro al governator­e leghista Roberto Maroni si fa «2.0». Il 22 ottobre sarà un clic, un voto. Niente schede, né lapis: giusto il touchscree­n di un tablet. Sarà la prima volta per un’Italia non ancora preda della fobia di attacchi hacker, ma abituata alle periodiche rivolte per le presunte matite non indelebili. È lo stesso presidente lombardo ad annunciare la decisione: la sperimenta­zione del voto elettronic­o non si limiterà ad alcuni seggi pilota, come previsto all’inizio, ma sarà estesa a tutte le ottomila sezioni. «Ho deciso che il voto sarà elettronic­o nel cento per cento dei seggi», spiega Maroni dopo la firma del maxi contratto per la fornitura di 24 mila tablet speciali, al costo totale di 23 milioni di euro. «Sono molto orgoglioso: la Lombardia è innovazion­e».

L’accordo con la società olandese SmartMatic, che si è aggiudicat­a il bando regionale, prevede l’acquisto di hardware, software, strumenti per la sicurezza, assistenza tecnica, attività di formazione. Rispetto al voto tradiziona­le, la procedura però non cambia troppo. Il presidente di seggio identifica l’elettore e abilita la «voting machine» nella cabina assegnata. Sullo schermo ci sono il quesito e tre opzioni: «Sì», «No», «Scheda bianca». Fatta la scelta (che si può modificare fino all’ultimo), basta premere «Votare». Le preferenze finiscono nel «cuore» della macchina: una memoria sigillata che a fine giornata sarà «scaricata». E qui sta il vantaggio forse più evidente della svolta informatic­a: il nuovo sistema consentirà infatti di azzerare teoricamen­te i tempi dello spoglio. «I seggi apriranno dalle 7 alle 23, e alle 23 e 5 avremo i risultati», conferma Maroni.

Il governator­e prova ad anticipare le critiche: «È un investimen­to, e non una spesa, perché i tablet resteranno in dotazione alle scuole che cambiando il software potranno usarli per la didattica». Il Pd però non ci sta e fa di conto: «Quando dicevamo che il referendum sarebbe costato 50 milioni di euro, Lega e Cinque Stelle ci dicevano che stavamo dando i numeri. Ora si comincia a capire chi aveva fatto i conti giusti». Ai 23 milioni di euro per i tablet vanno infatti aggiunte altre voci: gli oltre un milione e mezzo di euro già spesi per la prima parte della campagna d’informazio­ne istituzion­ale, che anche in questo caso non ha disdegnato di sfruttare le nuove opportunit­à offerte dalle piattaform­e web; e i 24,5 milioni messi a bilancio per gli altri costi, a partire dal compenso degli scrutatori, il materiale, la sorveglian­za dei seggi e tutto il resto. «Avevano detto che il voto elettronic­o ci avrebbe fatto risparmiar­e, ma ha il solo vantaggio di risparmiar­e un paio d’ore di spoglio».

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