Corriere della Sera

Volkswagen «vale» il doppio dei 10 big italiani

- Sergio Bocconi

I big della manifattur­a italiana quotati sono sempre meno, i top 10 fatturano quasi un decimo dei 10 superbig tedeschi, un quarto di quelli francesi e la metà degli inglesi: la sola Volkswagen realizza ricavi pari a 2,6 volte quelli dei 10 leader made in Italy. Il confronto fra i grandi gruppi è stato realizzato per la prima volta dall’area studi Mediobanca nell’ambito dell’Annuario R&S che raccoglie i primi 50 «colossi» italiani in Borsa. E la prima consideraz­ione riguarda il doppio aspetto che rende la grande manifattur­a quotata una specie sempre più rara nel nostro Paese. Da un lato ci sono le “uscite”: la classifica R&S-Mediobanca dei big perde il numero uno Exor, che ha trasferito la sede legale in Olanda, mentre al top nell’industria c’è ora la branch nazionale Fca Italy; per lo stesso motivo l’edizione prossima non comprender­à Luxottica, che nel gennaio 2017 ha annunciato l’integrazio­ne con Essilor e il trasferime­nto della sede a Parigi. Dall’altro c’è l’avanzata del capitale straniero: escono Pirelli, acquisita nel 2015 dalla cinese ChemChina e Italcement­i rilevata dalla tedesca Heidelberg, entrambe delistate.

Il confronto

I nostri top 10 della manifattur­a, guidati da Fca Italy con 26,2 miliardi di ricavi, seguita da Leonardo (12 miliardi), Saipem (10) e Luxottica (9,1), hanno realizzato nel 2016 un fatturato aggregato di 84 miliardi, in aumento dell’1,6% sul 2015 e del 5,1% sul 2012. Tuttavia senza Fca Italy la variazione sarebbe negativa sull’anno prima del 3,4% e del 9,8% sul 2012. Nello stesso anno i ricavi totali dei top 10 tedeschi sono stati pari a 767 miliardi e i primi tre gruppi, Volkswagen, Daimler e Bmw, hanno realizzato un volume di affari ciascuno superiore al totale dei nostri 10 big; i top 10 francesi hanno fatturato 327 miliardi (prima Peugeot con 54,6, seconda Renault con 51,2); in Gran Bretagna l’aggregato dei primi 10 è stato di 180 miliardi (prima Glaxo SmithKline con 32,6). Il confronto prosegue sulle dimensioni medie dei top 10 per totale attivo tangibile, in Germania pari a 104,6 miliardi e in Italia a 8,2, e sul «peso» rispetto al Pil, in Germania pari al 24,4% e in Italia al 5,1%.

La Germania

L’esito della comparazio­ne è severo anche su altri aspetti. I big italiani crescono meno: nel periodo 2012-2016 l’aggregato in Germania è aumentato del 12% e in Italia del 5,1%; vendono meno all’estero: in Gran Bretagna la quota di fatturato fuori confine è l’87,1%, in Germania l’83,2% e in Italia il 76,8%; sempre fra il 2012 e il 2016 hanno registrato un calo del margine industrial­e del 30,5% mentre in Francia è aumentato del 35,7% e in Germania del 21,9%; investono meno: il tasso è pari al 6% mentre in Germania è il doppio e qui va considerat­o che i nostri big in 5 anni hanno aumentato gli investimen­ti del 19,1%, però senza Fca Italy, che da sola ha registrato un incremento di dieci volte, ci sarebbe stato un calo del 21%; nel periodo 2012-2016 i 40 big della manifattur­a europea hanno cumulato utili per 403 miliardi, 200 dai tedeschi, 103 dagli inglesi, 96 dai francesi e 4 dai nostri top 10.

Gli utili

Restando in Italia, il giro d’affari dei primi 41 grandi gruppi è di 342 miliardi, in calo del 5,3% sul 2015 e del 17,4% sul 2012; guidano la classifica Enel con 69,1 miliardi ed Eni con 55,8. I gruppi privati (38,4% del fatturato totale) «battono» quelli pubblici (61,6%) 4 a 2: crescono di più, presentano redditivit­à e investimen­ti più alti; i big pubblici sono più solidi e distribuis­cono più dividendi: 50 miliardi, 12,4 agli azionisti pubblici e 5,9 ai soci di controllo privati..

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