Maestri Il mondo colorato di Sottsass creatore di una nuova civiltà
Celebrare le ricorrenze serve. Si riaccende la memoria, l’immagine si precisa e si fa più nitida. Eccoci, stavolta, nel mondo colorato di Ettore Sottsass (Innsbruck 1917 - Milano 2007), architetto, designer, fotografo, ma anche — come recita il titolo della rassegna di Weil am Rhein dedicatagli per il centenario della nascita e il decennale della morte — «poeta e ribelle». il taglio a zig-zag di una carota in un vasetto di sottaceti.
Mobili, s’è detto. Ma anche lampade e vetri soffiati, telefoni e ceramiche, Golf Club e showroom. L’elenco è lunghissimo, e tutto è risolto nella felicità dei colori e in soluzioni geniali apparentemente ludiche. Anche se a stretto contatto con l’avanguardia, Sottsass non rifiuta la Storia. Crea dei moduli per una nuova civiltà.
Una rinascita, anche nei rapporti con l’industria. Il lavoro di routine non solo non gli tarpa le ali, ma lo stimola. Ciò spiega il coinvolgimento di colleghi da ogni dove, cui lascia autonomia di linguaggio, anche perché, come dice Gianni Pettena, «spesso fare design è un esercizio di architettura».
Ma Sottsass è anche un manager. Nel ’57 è a Poltronanuova; nel ’58, all’Olivetti (vi collabora per un trentennio e crea la famosa macchina da scrivere Valentine); nel ’76, fa parte dello Studio Alchymia; nell’80, fonda la «Ettore Sottsass Associati» e nell’81 il gruppo Memphis. L’artista si muove come il Buster Keaton di Federico García Lorca a Filadelfia A fianco: Ettore Sottsass in India (1998). A sinistra: la Libreria Carlton (1981). A Sottsass è dedicata (fino al 20 agosto) anche la mostra Dialogo. Ettore Sottsass e Carlo Scarpa in corso al Negozio Olivetti di Venezia, realizzata dal Fondo Ambiente Italiano /Fai con lo Studio Charles Zana Architecture
Il nome è tratto da una canzone di Bob Dylan. Nel ’65, accompagnato da Fernanda Pivano — sposata nel ’49, che lo aveva preferito a Cesare Pavese del quale aveva respinto ben due proposte di matrimonio — Sottsass incontra Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg col compagno Peter Orlovsky e, appunto, Dylan, autore di musica e parole di Bloccato un’altra volta a Mobile col blues di Memphis. E Memphis diventa il nome del sodalizio.
Vengono in mente Giuseppe Eugenio Luraghi (allora presidente della Finmeccanica e scrittore) e il suo braccio destro Leonardo Sinisgalli, ingegnere-poeta, cui affidò la rivista «Civiltà delle macchine». O, ancora, un banchiere ed economista, letterato ed editore come Raffaele Mattioli (ricordate le edizioni Ricciardi?), amico di Benedetto Croce e di Riccardo Bacchelli.
Memphis, si diceva. Venne costituito il 10 maggio 1980, quando Sottsass aveva 63 anni e gli altri erano tutti giovanissimi. Il gruppo — ricorda Barbara Radice — era formato da un paio di neolaureati (Marco Zanini e Matteo Thun), un «artista» (Aldo Cibic) e un non meglio identificato «intellettuale» (Marco Marabelli, «pigro come un bradipo»). «Tutti, compresi i soci, pensavano che Sottsass fosse matto e incosciente a mettersi in società in parti uguali con quattro ragazzi simpatici e intelligenti ma completamente inesperti. Diceva Sottsass: «Quando ero giovane nessuno mi dava lavoro e opportunità. Sapevo che avrei potuto fare cose eccezionali e me lo sono sempre ricordato (...). Certo all’inizio erano proprio giovani e ogni tanto mi venivano i sudori freddi».
L’avventura era appena cominciata.