Un’identità tradita per Madama Butterfly
Dedicato all’Oriente, il programma dell’edizione corrente del Macerata Opera Festival colpisce innanzitutto per la qualità delle esecuzioni musicali, decisamente superiore alla media del passato. Come Pier Giorgio Morandi in Turandot, Massimo Zanetti in Madama Butterfly ottiene sonorità ben definite nei timbri e nei colori, e con una delicatezza che nulla ha a che fare con il sentimentalismo zuccheroso che spesso riduce questo titolo pucciniano a pallido bozzetto lirico, mentre è opera di una tragicità che atterrisce. Il cast inoltre è più solido che in Turandot anche perché ruota attorno a Maria José Siri, la stessa Cio-CioSan della prima scaligera, la cui autorevolezza in questa parte è ormai fuori discussione. Può fare discutere invece l’allestimento di Nicola Berloffa, scritto per il In scena Maria José Siri nel ruolo di Cio-Cio-San in un momento della «Madama Butterfly» in scena a Macerata fino al 12 agosto
Massimo di Palermo e ripensato per gli ampi spazi dello Sferisterio. Ma è ispirato, fluido, coerente. Colloca la prima parte dell’azione nel 1945, al tempo dell’invasione americana del Giappone, e la seconda 3 anni dopo, quando la moda «esotica» del sogno americano è già attecchita, segnando un’amara decadenza. Il teatro delle geishe diventa un sordido cinema dove proiettare quanto arriva da Hollywood, le geishe sono ormai squallide prostitute occidentalizzate, al posto del sakè si beve Coca-Cola. Ma lei, Cio-Cio-San, si lascia attraversare da questa rivoluzione, nella quale pure ha riposto le proprie speranze, senza perdere quantomeno l’orgoglio della propria identità tradita. Il rituale della sua morte è un atto tragico e catartico insieme. Lascia un segno di riscatto. Lo spettacolo, in scena fina al 12 agosto, è applauditissimo.