Nel derby degli 800 scatta l’oro di Detti Paltrinieri sul podio ed è festa italiana
Dopo il bronzo nei 400, l’azzurro trionfa in rimonta Il polacco Wojdak tra i due, a fondo il cinese Sun
Come si fa a zittire un livornese? Gli si fa vincere l’oro mondiale negli 800 stile libero. Gabriele Detti non ha letteralmente parole, men che meno le solite battute con cui sdrammatizza ogni cosa, e se non fosse per la medaglia che tiene al collo sembrerebbe uno arrivato ottavo. Ma è solo l’altro lato di una stordente felicità dopo una gara pazzesca in cui è diventato campione del mondo, ha vinto il duello con il socio Gregorio Paltrinieri — terzo, infilzato anche dal sorprendente Wojdak —, si è ripreso il record europeo con un notevole 7’40”77 e soprattutto ha concluso una rincorsa al se stesso più autentico cominciata dopo i Mondiali di due anni fa, saltati per una malattia.
Vedersi davanti alla tv Paltrinieri che a Kazan gli soffiava proprio il primato europeo prendendosi l’argento dietro Sun Yang (ieri scoppiato e quinto) era stata la benzina per una ripartenza ancora più convinta, ancora più cattiva. «La trasformazione della negatività in positività» la chiama lui. Pare Osho, invece è l’efficace mantra di un 22enne macinatore di chilometri allegro, leggero, tanto «fancazzista» fuori dalla vasca (ipse dixit) quanto ortodosso fachiro dentro. L’epopea di Paltrinieri non lo ha mai spostato di un millimetro, né lo ha mai fatto sentire in ombra. Dentro, Gabriele sapeva che il suo giorno sarebbe arrivato. Così a Rio aveva colto due bronzi nei 400 e nei 1.500 stile (ai Giochi gli 800 non c’erano, ma ci saranno a Tokyo); qui si era già preso il bronzo nei 400; ora il botto che cambia una carriera.
Quando poi finalmente connette, Gabriele sempre serio dice: «Sorpreso? Un po’. Ma in fondo lavoriamo per questo». Cioè una gara tecnicamente e tatticamente perfetta: 200 metri in testa per sfiancare soprattutto Sun; poi un accomodamento sul passo mentre Paltrinieri prendeva la testa marcato da Wojdak; infine la risalita feroce negli ultimi 200 metri fino alla virata dei 750 metri quando il polacco, lui e Greg nell’ordine hanno toccato racchiusi in 15 centesimi. Qui era chiaro che avrebbe vinto il finisseur migliore. «E non potevo essere io — spiegherà Paltrinieri —: avrei dovuto fare la differenza prima. Per me gli 800 sono troppo corti...». Non lo sono per Gabriele, invece, che è uscito devastante e bello, spalle forti, gomiti alti, gambe a manetta, presa profonda e profondi pensieri: «Avevo in mente Federica: mi sono detto che se aveva chiuso così forte lei dovevo farlo anch’io». Era il modello giusto al momento giusto, «perché lei è infinita e io spero di fare un decimo di ciò che ha fatto e che farà ancora», e così è arrivata la meritata gloria che fa barcollare persino il suo allenatore e zio Stefano Morini, altra pellaccia livornese che per una volta ammette: «Sì, stavolta mi sono emozionato». E il nipote? «Un po’, ma niente lacrime eh? Quelle forse mia mamma...». Un po’ fa il duro, un po’ sta già guardando oltre: «C’è ancora molto da fare: aspetto i 1.500 per dire se Kazan è davvero alle spalle». Detti resta in missione: rimanete connessi.