Parigi vuole i cantieri di Stato
Sgarbo di Macron all’Italia. La reazione di Roma: scelta incomprensibile
Parigi ha deciso di nazionalizzare i cantieri navali di Saint-Nazaire, esercitando l’opzione sulla Stx acquistata da Fincantieri. «Il nostro obiettivo è difendere gli interessi strategici della Francia» ha argomentato il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire. Si tratterebbe, in ogni caso, di un atto transitorio, una nazionalizzazione temporanea. In Francia non succedeva da 35 anni. Dura la replica di Roma: decisione incomprensibile. Ieri, il presidente Macron e il premier Gentiloni si sono sentiti per telefono. Ieri il titolo Fincantieri ha chiuso ancora in rosso.
Per difendere gli interessi nazionali della Francia e l’occupazione locale, per proteggere competenze eccezionali, uniche e un sito di costruzioni navali senza pari. Ma anche per evitare che questo «savoir faire» straordinario in materia di portaerei e transatlantici finisca a qualche «altra grande potenza extraeuropea»: senza mai pronunciare il nome della Cina, Parigi spiega le ragioni dello strappo con cui ha messo sotto tutela statale Stx, società proprietaria dei Cantieri di Saint-Nazaire, che Fincantieri riteneva di avere già conquistato, con gli accordi raggiunti in aprile al cospetto dell’allora presidente François Hollande.
In Francia non succedeva da 35 anni, dall’era del socialista François Mitterrand, che nazionalizzò cinque gruppi industriali (Cge, Saint-Gobain, Péchiney Ugine-Kuhlmann, Rhône-Poulenc e Thomson-Brandt), oltre a una quarantina di banche e alle società finanziarie Suez e Paribas. Ma ora che, come prima grande operazione industriale, ha fatto una cosa di sinistra, il governo di Emmanuel Macron preferisce dire che ha «esercitato il suo diritto di prelazione» intestando per 80 milioni di euro, all’Agence des participations de l’État (Ape), le quote di azioni destinate a Fincantieri (48%) e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste (7%), per evitare una maggioranza italiana.
«Non uso parole a caso — ha ammesso il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, quando gli è stato chiesto perché non parlasse di “nazionalizzazione” —. Si tratta di una decisione temporanea, che ci darà Corriere.it Sul canale Economia di Corriere.it gli aggiornamenti, le analisi e i commenti sui fatti della finanza e dell’economia tempo di rinegoziare la partecipazione di Fincantieri e costruire quel grande progetto industriale europeo, solido e ambizioso, che sta a cuore al presidente e al primo ministro. Non è nelle vocazioni dello Stato dirigere cantieri navali». Solo tempo, dunque. Per tornare a Roma, martedì prossimo, dal suo omologo Pier Carlo Padoan e dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e riaprire le trattative con gli «amici italiani», come li ha ripetutamente e ostentatamente definiti ai microfoni il ministro Le Maire, sulla base degli equilibri di potere voluti da Macron: fifty-fifty.
Ma gli «amici italiani» non l’hanno presa bene: «Riteniamo grave e incomprensibile la decisione del governo francese di non dare seguito ad accordi già conclusi. Accordi che garantivano la tutela dei livelli occupazionali in Francia e del know-how francese attraverso una governance equilibrata e in una prospettiva autenticamente europea. Riteniamo che a fronte degli impegni già assunti da Fincantieri a tutela degli interessi francesi non sussista alcun motivo perché la società italiana, leader del settore, non possa detenere la maggioranza di Stx, società fino a oggi sotto controllo di un gruppo coreano per i due terzi del capitale sociale». La fuga di segreti industriali? La partnership del gruppo triestino con la China State Shipbuilding Corporation? «Per realizzare progetti condivisi servono fiducia e rispetto reciproco» è la risposta di Padoan e Calenda.
Il tempo guadagnato da Parigi però non rassicura completamente i sindacati dei cantieri di Saint-Nazaire: «Fincantieri ci piaceva, è un attore industriale con buone referenze ed è meglio del periodo di incertezza che si apre ora» assicura Christophe Morel delegato di Cfdt. «Né con lo Stato né con Fincantieri – obietta Alain Le Brun, delegato della Cgt -, nessuno dei due ci ha dato le garanzie che volevamo sui salari. Quanto alla Cina, gli italiani non dovrebbero avere le nostre stesse preoccupazioni?».