Corriere della Sera

Scontro sull’Atac E scoppia il caso delle segnalazio­ni

- Di Alessandro Trocino Arzilli

La battaglia sull’Atac diventa incandesce­nte. Il j’accuse del direttore generale, Bruno Rota, sullo stato disastroso dell’azienda ha provocato durissime reazioni in Campidogli­o. Contro Rota si scagliano alcuni consiglier­i. Il dg replica a Enrico Stefàno: «Più che di dirigenti da cacciare, lui, e non solo lui, mi hanno parlato di giovani da promuovere. Velocement­e. Nomi noti. Sempre i soliti». Il Pd romano intanto chiede un consiglio straordina­rio e le dimissioni di Stefàno da tutti gli incarichi istituzion­ali.

Le ultime fasi di un braccio di ferro sotterrane­o che dura da giorni si consuma nell’ufficio della sindaca Virginia Raggi ieri a mezzogiorn­o. Bruno Rota nei giorni scorsi le aveva chiesto un incontro urgente, convocato prima per venerdì e poi anticipato di due giorni. Alla vigilia del summit, la sindaca si sveglia con le interviste al Corriere e al Fatto Quotidiano, nelle quali il dg di Atac disegna un quadro dell’azienda devastante, chiedendo decisioni immediate all’amministra­zione romana. Una sorta di aut aut. Alla riunione, Rota si trova di fronte gli assessori Massimo Colomban e Linda Meleo. La sindaca? Assente. Le ore successive fanno precipitar­e una situazione ormai compromess­a. La Meleo è infuriata. Sulle agenzie piovono critiche durissime a Rota, che risponde a muso duro. Nel pomeriggio Raggi ha sul tavolo una nota che dà il benservito a Rota, definendo «esaurito il rapporto di fiducia». La nota, però, torna nel cassetto. Rota, nel frattempo, non ha alcuna intenzione di dimettersi, anche se non vede l’ora di tornarsene a Milano.

Per capire le origini dell’ennesima rottura che si consuma all’ombra dei 5 Stelle al Campidogli­o, bisogna tornare indietro a qualche settimana fa. Il 28 giugno, a oltre due mesi dal suo arrivo, Rota ottiene finalmente i pieni poteri. Studiate le carte, si rende conto che la situazione è drammatica, peggiore del previsto. Il debito è catastrofi­co (la banca più esposta è di gran lunga Unicredit) e i fornitori non fanno più credito. Sono a rischio la manutenzio­ne dei mezzi e gli stipendi dei lavoratori. Il mese scorso i soldi si trovano miracolosa­mente pochi minuti prima della scadenza. Questo mese gli stipendi vengono pagati solo perché il Comune anticipa i soldi del contratto di servizio della seconda metà dell’anno. E a settembre? Per Rota non c’è più tempo da perdere, bisogna portare i libri in tribunale. Serve un concordato preventivo, una ristruttur­azione dei debiti che consentire­bbe la continuità dell’azienda.

Per farlo, Rota ha bisogno del via libera dell’azionista dell’Atac: il Comune di Roma. Parla con Raggi più volte. La sindaca è possibilis­ta, si pensa anche a una data per convocare l’assemblea degli azionisti. Ma il tempo passa. La sindaca è riluttante. Il concordato preventivo non è una passeggiat­a, può essere visto come una resa e ha costi sociali e politici da non sottovalut­are, con una campagna elettorale in arrivo. Grillo e Casaleggio non è detto che apprezzere­bbero. E a Roma i 5 Stelle non danno l’impression­e di fare una guerra santa all’assenteism­o e a certi corporativ­ismi sindacali. Rota teme di finire incastrato in una macchina nella quale è appena salito. «Non voglio fare il capro espiatorio», dice. Teme conseguenz­e legali che ricadono sugli amministra­tori. E i tempi sono strettissi­mi. Per il concordato servono consulenze e studi tecnici. Si rischia di far tardi. Rota decide di far cadere la maschera. Il re è nudo. Nella speranza di un colpo di reni dell’amministra­zione, il dg dell’Atac riserva parole conciliant­i a Raggi, che ringrazia per il sostegno.

Ma non basta. L’irritazion­e al Campidogli­o è ai massimi livelli. Parte l’attacco feroce di Enrico Stefàno, che accusa Rota di non aver «rimosso i dirigenti» responsabi­li del disastro e di non aver fatto quasi nulla in tre mesi, nonostante avesse «carta bianca». Stefàno è lo stesso che pochi giorni fa aveva detto: «È chiaro che con i mezzi pubblici a Roma aspetti tanto. Ma puoi leggere un libro, guardare una email». La risposta di Rota è un fiammifero acceso su un mare di benzina. Stefàno avrebbe chiesto di «promuovere» alcuni giovani, «i soliti noti», caldeggian­do un’azienda, la Conduent, che si occupa di bigliettaz­ione. Per molto meno altri esponenti 5 Stelle sono finiti «in Siberia».

Negli uffici di Raggi si medita la mossa giusta. Oltre all’Atac, c’è un’altra spada di Damocle: l’Ater che rischia il default. Ci si aggiunge la questione dell’acqua razionata e il pentolone rischia di scoppiare. Tra i dirigenti locali si accusa Rota: «Ha detto cose false e non sa fare gioco di squadra». Si respinge l’accusa di non volere il concordato preventivo: «Siamo gli unici ad averlo fatto, con l’Aamps, la partecipat­a dei rifiuti di Livorno». Ma le accuse lasciano spazio a un dubbio, che serpeggia tra i 5 Stelle: «Siamo venuti qui per fare la rivoluzion­e. Non possiamo galleggiar­e: è il momento di fare delle scelte».

La sindaca ieri era pronta a definire esaurita la fiducia Poi il ripensamen­to I magistrati della Procura di Roma indaghino sulle parole di Rota sui raccomanda­ti Michele Anzaldi

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(LaPresse) Ieri a Roma Un autobus fuori servizio alla fermata di Piazza dei Cinquecent­o, stazione Termini, ieri nella Capitale: i guasti nel 2016 sono stati 194.835

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