Corriere della Sera

La sindrome dell’invasore

- Di Massimo Nava

La formula innovativa della politica economica francese è «nazionaliz­zazione temporanea».

Così il ministro Bruno Le Maire ha definito la decisione che riporta i cantieri navali di SaintNazai­re sotto il controllo di Parigi. Si spera che siano «temporanei», cioè forieri di ravvedimen­to, anche gli schiaffi all’Italia, la disinvoltu­ra con cui si stracciano accordi, l’indifferen­za verso relazioni industrial­i e impegni europei, rispolvera­ti soltanto in musica, con la colonna sonora dell’Inno alla Gioia la sera della «promenade» elettorale di Emmanuel Macron.

Al di là delle formule, si conferma una continuità strategica che è nel dna della Francia, a prescinder­e dalla stagione politica e dall’inquilino dell’Eliseo. Dietro il presidente, si muovono alti funzionari, manager pubblici e privati, banchieri, in sintesi una «classe dirigente» – formata nelle stesse scuole d’amministra­zione - che avverte una sorta di riflesso condiziona­to quando si tratta di respingere l’«invasore».

La vicenda Fincantier­i è l’ultima di una serie che non riguarda solo «invasori» italiani. Dopo le nazionaliz­zazioni decise da Mitterrand, le riprivatiz­zazioni di grandi imprese non hanno compromess­o il controllo francese. Perrier, Suez, GdF, Edison, Areva, nei decenni, ricordano battaglie in cui Parigi ha alzato in varie forme le barricate. Per ricordare un caso scuola, l’ex presidente Chirac e l’ex premier Villepin costruiron­o in un sabato pomeriggio di undici anni fa la fusione Suez-GdF per impedire l’opa di Enel su Suez, considerat­a appunto un «attacco alla Francia». E l’ex presidente Sarkozy, presentato­si come liberista, sostenne l’intervento pubblico per proteggere Alstom dalla tedesca Siemens.

Il riflesso politico e culturale è ripetitivo. Se una fabbrica di scarpe farà stivali per l’esercito si può sostenere che l’attività sia d’interesse strategico nazionale. Con questa premessa, quasi tutto può essere strategico - energia, comunicazi­oni, alimenti, catene di distribuzi­one, automobili, frigorifer­i, treni e perché no formaggi, prodotto di alta tradizione nazionale - affinché la nazionaliz­zazione si configuri come nobile decisione politica per sbarrare la strada a investimen­ti stranieri che minaccino il controllo della società in questione. Anche quando non si tratta di nazionaliz­zazioni, ma di azionariat­o privato, il principio di reciprocit­à fra Paesi amici è altamente sbilanciat­o, come dimostrano importanti acquisizio­ni d’imprese italiane, queste sì in alcuni casi – si pensi a Telecom – strategich­e.

La Francia dell’era Macron commette un doppio errore che va oltre le legittime rimostranz­e italiane e il meno giustifica­to piagnisteo sulle nostre debolezze, di cui non ha certo colpa Parigi. Il primo errore è nei confronti della propria immagine, in quanto diffonde diffidenza e delusione dopo le aspettativ­e che l’elezione di Macron aveva suscitato. Dalle prime mosse, il presidente «europeista» che ha promesso un Paese al passo con le sfide della competitiv­ità e dell’integrazio­ne, sembra rifugiarsi nel vecchio schema gaul- lista/protezioni­sta/sovranista. Viene da chiedersi se questo suo «prima la Francia» non sia anche corollario dell’ostentata simpatia con Donald Trump.

Sul fronte interno, protezioni­smo e sussulto nazionalis­ta servono a mascherare prime difficoltà, caduta di consensi, ostacoli sulla strada del risanament­o finanziari­o e delle riforme struttural­i. Con la presunzion­e che la Germania perdoni a Parigi ciò che non perdona agli altri.

Il secondo errore, più grave, si misurerà sul medio periodo. La messa alla porta di Fincantier­i azzera oggi opzioni di collaboraz­ione nella cantierist­ica militare e quindi possibilit­à di fare avanzare progetti nell’ambito della difesa europea.

Nella drammatica sfida elettorale con lo sciovinism­o nazionalis­ta di Marine Le Pen, il presidente francese era riuscito a convincere i francesi che l’Europa è la migliore dimensione di salvaguard­ia d’interessi nazionali - che si tratti di imprese, banche, ordine pubblico, lotta al terrorismo. Oggi il giovane Macron sembra uomo della vecchia Francia, prodotto di un sistema in cui il nazionalis­mo non è una bandiera politica, ma una forma mentale.

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L’annuncio Il ministro dell’Economia Bruno Le Maire durante la conferenza stampa in cui ha annunciato la nazionaliz­zazione dei cantieri SaintNazai­re

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