Corriere della Sera

LA SPACCATURA TRA I DUE PAESI E I TIMORI DI BERLINO

- di Massimo Franco

La risposta all’attivismo francese in Libia data dal premier Paolo Gentiloni, era in qualche modo obbligata. Rivendicar­e una propria strategia significa cercare di non esasperare un fronte polemico con il presidente Emmanuel Macron, che ieri lo ha chiamato per chiarire la sua posizione; e limitare i danni di immagine che le iniziative dell’Eliseo stanno provocando su un governo colto di sorpresa e, di fatto, umiliato. Ma Palazzo Chigi sa anche che il bricolage strategico e industrial­e della Francia pone problemi in primo luogo all’Unione Europea. E preoccupa la Germania, pronta a rinsaldare l’asse con Parigi; lieta di avere a che fare con un leader forte e legittimat­o da una sorta di plebiscito; ma attenta a non lasciare fuori dai giochi un’Italia considerat­a essenziale.

Indebolire il governo di Roma moltiplica­ndo mosse unilateral­i in materia di immigrazio­ne, o nazionaliz­zando i cantieri di Saint-Nazaire per marginaliz­zare Fincantier­i, crea qualche allarme. Intanto, non è detto che serva davvero a stabilizza­re la Libia: l’Unione Africana chiede da tempo all’Europa di parlare con una voce sola, per evitare confusione. Lo conferma il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, quando sostiene che «il problema dell’immigrazio­ne illegale si risolve con scelte europee, non con iniziative unilateral­i». Ma soprattutt­o, aleggia il sospetto che Macron si muova così per motivi di politica interna.

La sua ossessione è di risalire nei sondaggi che lo danno in discesa; e di fare propri alcuni temi cari alla destra di Marine Le Pen: sull’immigrazio­ne e sull’industria di Stato. Il protagonis­mo nel Mediterran­eo e il protezioni­smo industrial­e in patria non sono senza conseguenz­e, tuttavia. Quando il candidato socialdemo­cratico tedesco Martin Schulz, dopo un colloquio a Roma con Gentiloni, insiste sulla «solidariet­à europea» in tema di immigrazio­ne, non parla solo ai Paesi dell’Est. Senza citarla, si riferisce anche alla Francia e alle sue chiusure. E dà implicitam­ente ragione all’Italia.

Gli applausi al presidente francese da parte della Lega Nord per la proposta di mettere dei presidi anti-immigrati in Libia, sono indicativi. E fanno crescere il timore, in Italia

La picconata non è solo a un’Italia debole, ma a un progetto europeo in fase di rilancio anche grazie a un triumvirat­o tra i Paesi più rilevanti

ma anche nelle cancelleri­e nordeurope­e, che questo finisca per rafforzare alle elezioni la filiera di partiti come il Movimento 5 Stelle e, appunto, la Lega, considerat­i interlocut­ori poco affidabili a livello continenta­le; e per rendere più difficile il «triumvirat­o» Germania-Francia-Italia, da costruire nei prossimi mesi per arginare le conseguenz­e di un’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. La picconata, insomma, non è solo a un’Italia debole, ma a un progetto europeo in fase di rilancio.

La verità è che il Macron adottato come modello da molti politici italiani, e vincitore alle presidenzi­ali nel segno di un europeismo esplicito e coraggioso, si sta rivelando un nazionalis­ta. E tende a riproporre in Nord Africa la stessa politica, poi rivelatasi disastrosa, seguita nel 2011 da Nicolas Sarkozy e subìta allora dall’Italia; e conclusasi non con la pacificazi­one ma con il caos seguito all’uscita di scena violenta del dittatore Gheddafi. Si tratta di una destabiliz­zazione per la quale il nostro Paese ha pagato il prezzo più alto, perché è saltato il diaframma che arginava le ondate migratorie dall’Africa subsaharia­na. C’è da sperare che non si perpetuino quegli errori.

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