Corriere della Sera

Pd, lite sui deputati morosi Ichino: avevo un accordo

«Prima ho recuperato i soldi spesi in campagna elettorale»

- ClaudioBoz­za di Claudio Bozza

Scoppia la bufera sul caso dei parlamenta­ri «morosi» dopo la caccia interna aperta dal Pd. Il nodo è quello dei contributi non versati, per 3 milioni di euro. Ognuno di loro è tenuto a contribuir­e con 1.500 euro mensili. Ora il partito ha deciso di istituire una sorta di Equitalia interna per iniziare a risanare un bilancio in rosso di 9,5 milioni, anche attraverso la maxi cassa integrazio­ne annunciata ieri ai sindacati per tutti i 174 dipendenti del Nazareno.

Tra Palazzo Madama e Montecitor­io, come rivelato dal Corriere, sono un centinaio gli eletti finiti nel «libro nero» di Francesco Bonifazi, tesoriere del partito. Lo statuto dei democratic­i è chiaro: chi non paga vedrà il proprio nome pubblicato on line. Ma intanto sono emersi i primi nomi, alcuni molto conosciuti: l’ex ministra dell’Istruzione Giannini, il deputato super-renziano Ernesto Carbone, il senatore Ugo Sposetti, che detiene le chiavi del forziere con il tesoro ex Ds. Ognuno, viste le diverse storie politiche, prova a difendersi. Ma dal Nazareno non arriva alcuna smentita.

La senatrice Giannini, che secondo i documenti interni ai dem dovrebbe rifondere arretrati per circa 40 mila euro, ricorda di essere stata eletta con Scelta civica e di essere entrata nel Pd nel febbraio 2015 dopo lo scioglimen­to dei montiani, e che quindi non sarebbe «morosa» verso i democratic­i.

Nell’elenco dei «debitori» figura anche il senatore Pietro Ichino, eletto sempre con i montiani, che precisa: «Sono entrato nel gruppo Pd a febbraio 2015 e, visto che avevo pagato di tasca mia oltre 66 mila euro per la campagna elettorale di Scelta civica in Lombardia e Toscana, ho raggiunto un accordo con il Pd, nel senso che avrei iniziato a pagare il contributo mensile dopo i 44 mesi coperti dal contributo iniziale. Ciò è avvenuto sei mesi fa e da allora, dal mio conto corrente, parte in automatico un bonifico da 1.500 euro per il Pd». Le due versioni però non combaciano con ciò che replicano dal Nazareno: «Non importa con quale partito si è stati eletti: chi siede in parlamento con il Pd deve rispettare le regole dello statuto e pagare il contributo. Gli accordi si stringono con la tesoreria del partito, quelli discussi in altre sedi non hanno valore». Riguardo la pericolosa situazione economica del partito ed i relativi interventi per rimettere in sesto il bilancio, Ichino, noto giuslavori­sta, non si sbilancia, ma fa l’esempio della federazion­e milanese del Pd, a cui appartiene: «Il bilancio era fortemente in rosso, ma grazie a una rigorosa spending review in due anni abbiamo rimesso i conti a posto. Credo che anche al Nazareno si possa e si debba fare altrettant­o». Intanto il tesoriere Bonifazi sembra irremovibi­le: «Posso confermare che ci sono molti tra deputati e senatori che devono mettersi

velocement­e in regola».

Tra i nomi che figurano nell’elenco dei debitori (circa 30 mila euro) c’è anche quello del deputato Carbone, che dopo la rivelazion­e sulla lista di Bonifazi replica con un tweet polemico: «Il Corriere scrive una #fakenews. Come il tesoriere può confermare non ho debiti nei confronti del Partito democratic­o». Ma il tesoriere del partito non conferma le sue parole.

Carbone: «Non ho debiti, Bonifazi può dirlo». Ma il tesoriere non conferma

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Sul giornale di ieri L’articolo del Corriere che ha anticipato il caso dei parlamenta­ri pd morosi
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